Chi ben comincia…retrocede: tre annate atalantine con una grande partenza e un finale disastroso

 

In 114 anni di storia atalantina ne abbiamo viste di tutti i colori: tra annate tranquille, straordinarie e anche sofferte. Se ci sono stati dei campionati con falsa partenza, in altri casi, ci sono state delle stagioni con delle ottime partenze (quasi da far sognare i tifosi), ma arrivi disastrosi: alcune con tanto di retrocessione. Ecco la flop tre delle annate atalantine partite bene, ma con finite male.

ATALANTA 1997-1998: L’ILLUSIONE DI 10 PUNTI IN 6 GARE

L’anno post Lentini-Morfeo-Inzaghi. Una stagione partita alla grande e finita male, anzi, malissimo. Appena conclusa l’annata 1996-1997 c’è bisogno di rifare l’attacco, e l’Atalanta decide di puntare su Nicola Caccia e sul ventiduenne Cristiano Lucarelli: bomber dell’Under 21. Arrivano Orlando, Dundjerski, Englaro e Fontana. La prime due giornate fanno sognare i tifosi: 4-2 contro il Bologna e pareggio per 2-2 contro il Parma (con doppietta di Lucarelli). Le sconfitte casalinghe contro Sampdoria e Brescia non sono viste come una grande preoccupazione; anche perché vengono compensate dalle vittorie esterne contro Lazio (0-2) e Napoli (0-1), ma è dalla settima giornata che le cose cominciano a peggiorare: i nerazzurri conquistano 4 punti nelle prime 17 giornate. Nel girone di ritorno l’Atalanta supera in casa Napoli (1-0), Empoli (1-0), Fiorentina (1-0) e Bari (2-0), ma non basta: i nerazzurri perdono contro l’Udinese alla penultima giornata (in nove)e pareggiano contro la Juventus in casa per  1-1 e retrocedono; con il Piacenza che sbanca Lecce e si salva. 32 punti in classifica, Serie B e fine del ciclo Mondonico.

ATALANTA 1993-1994: IL CALCIO CHAMPAGNE DI GUIDOLIN

Siamo nel 1993 e il presidente Percassi è convinto di poter fare finalmente il salto di qualità. Dopo Lippi, arriva in panchina Francesco Guidolin: allenatore che nonostante i 38 anni, aveva proposto squadre organizzate e offensive. Addirittura fu ingaggiato per 4,5 miliardi di lire il campione francese Franck Sauzée dal Marsiglia (fresco di Champions), ma non solo: arrivano anche Scapolo e rientra dal prestito Orlandini. C’è grande attesa intorno a questa nuova dimensione nerazzurra, anche perché si passa al 4-4-2. Alla prima giornata di campionato i bergamaschi si impongono a Bologna (campo neutro) per 5-2 ai danni del Cagliari, con gol di Scapolo, Rambaudi e doppietta di Ganz. Ma è solo l’inizio della fine. Nelle successive sette giornate la Dea conquista solo due punti: con Guidolin che non riesce a gestire lo spogliatoio, e con Percassi che viene contestato. Dopo la sconfitta contro il Lecce viene esonerato: al suo posto Andrea Valdinoci con Prandelli. A febbraio si dimette anche il presidente che ha ceduto la società a Ruggeri. Intanto vengono fatti debuttare dei giovani (per esempio Morfeo), ma non basta: l’Atalanta retrocede con 21 punti in classifica.

ATALANTA 1980-1981: DI PADRE IN FIGLIO, MA E’ SERIE C

A fine annata 1979-1980, l’allora presidente Achille Bortolotti cede la carica di presidenza al figlio Cesare, ma con la paura che possa essere frenato dalla scarsa esperienza. In squadra arrivano Bolchi come allenatore (ex mediano della Dea) e vengono ingaggiati De Bernardi, Caputi, Messina, Rossi, De Biase, Mandorlini e Giorgi. I progetti ci sono e la partenza è ottima, ma quell’anno ci sono Milan e Lazio (in B per lo scandalo calcioscommesse). I nerazzurri sono trascinati dal bomber Lele Messina, ma quando si fa male le cose cambiano: la situazione piano piano precipita, ma nessuno, a partire dai giocatori, sembra volersene accorgere. Prova a dare una scossa la società che a fine andata esonera Bolchi e chiama Corsini. Anche lui parte bene, ma è solo un fuoco di paglia. E nel momento in cui ci si rende conto che la situazione è critica, ci si trova nel baratro della Serie C: penultimo posto con 30 punti e retrocessione. L’inferno durerà solo un anno.

 

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Autore dell'articolo: Filippo Davide Di Santo

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