L’Italia sembra destinata a farsi del male da sola. Lo dimostra l’ennesima sentenza contro i direttori stranieri dei musei, emessa dal Consiglio di Stato. Una questione che continua a riproporsi con ciclica e allarmante puntualità senza trovare soluzione. Un po’ come il cane che si morde la coda.
Consiglio di Stato-direttori: altro capitolo
Il Consiglio di Stato, in merito a un ricorso presentato nei mesi scorsi da una delle candidate alla guida del Palazzo Ducale di Mantova e della Galleria Estense di Modena, ha rimesso in discussione la nomina di direttori stranieri nei musei. L’ennesima intromissione del Consiglio ha fatto sbottare sui social il Ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini. Su Twitter, infatti, il commento ala decisione è stato lapidario: “Davvero difficile fare le riforme in Italia. Dopo 16 decisioni del Tar e 6 del Consiglio di Stato, quest’ultimo cambia linea e rimette la decisione sui direttori stranieri dei musei all’adunanza plenaria. Cosa penseranno nel mondo?”.
In effetti, sembra difficile dargli torto, dopo l’ennesimo ricorso che non permette di proseguire nell’opra intrapresa tempo addietro.
Le nomine
Ricordiamo che il nodo centrale della questione è “se si possano partecipare alla procedura di selezione in esame i cittadini di uno Stato membro dell’Unione, che non siano anche cittadini italiani”. Una questione che va avanti a forza di carta bollata e che finisce per bloccare i lavori di rilancio della Cultura italiano. Ricordiamo che,
il Tar del Lazio nel maggio del 2017 aveva stabilito che Assmann sarebbe dovuto restare fuori dalla terna perché non in possesso della cittadinanza italiana. Peccato che, per il Mibact il bando del 7 gennaio 2015 consentirebbe in modo del tutto legittimo anche i cittadini degli altri Stati dell’Unione europea di partecipare alle procedure. Insomma: un guazzabuglio senza senso che ha il solo scopo di scrivere l’ennesimo capitolo sulla burocrazia italiana e i suoi effetti perversi.