I primi passi e il linguaggio.
Tanti pedagoghi e psicologi famosi, che, nel corso della storia, hanno cercato di studiare i loro figli e i bambini dei loro amici più prossimi, cercando di definire in modo generale gli stadi e le età di sviluppo psicomotorio.
Ogni bambino ha i suoi tempi e le sue esigenze e bisogna imparare a rispettarlo e ascoltarlo, perché in tutte le fasi della sua vita, il bambino, trova sempre il modo di comunicare con noi.
Le fasi di sviluppo psicomotorio del bambino.
Come genitori, il pensiero verso i nostri figli è sempre rivolto al loro benessere. La preoccupazione che vada tutto bene, la tensione che possa esserci qualcosa che non va è sempre in agguato. L’unica cosa che dobbiamo accettare e comprendere è di lasciare che la natura faccia il suo corso, senza forzare nulla.
Per questo motivo è importante capire e accettare che ogni bambino ha i suoi tempi e bisogna imparare a rispettarli senza forzare nulla.
Con questo non voglio suggerire il metodo fai da te. Coi bambini va bene l’istinto senza però rinunciare al supporto degli specialisti. Gli incontri col pediatra nel primo anno di vita avvengono frequentemente proprio per assicurarsi che lo sviluppo del bambino proceda correttamente, per questo è importante rispettare gli appuntamenti e allo stesso tempo vivere i primi mesi in serenità perchè passano davvero velocemente.
Le fasi di sviluppo psicomotorio del bambino. I primi passi.
La motricità di un neonato comincia ad aumentare intorno al quinto mese di vita. La colonna vertebrale è diventata più forte e comincia a sostenere il peso del busto. Le dita sono già forti e afferrano tutto quello che trovano davanti.
I più precoci reggono da soli il primo bicchiere coi manici in plastica e i muscoli delle braccia permettono di sorreggere i primi pesi. Se provate a lasciare il bambino sul tappetino per neonati noterete che il bambino, se sdraiato a pancia in giù, tende a strisciare per spostarsi. Intorno ai sette, otto mesi, i più snelli e agili gattonano. I primi passi avvengono dal decimo mese in poi.
Tantissime mamme si abbattono quando, compiuto l’anno, di passi in autonomia non ne vengono fatti. Alcuni bambini sentono il bisogno di alzarsi e muoversi senza appoggiarsi a divani o tavolini anche molto più tardi.
Come per la fase espulsiva del parto, è il bambino che decide quando attivarsi per muoversi. Per questo motivo è meglio evitare l’uso di sostegni che tendono ad impigrire e rallentare questo processo.
Aiutare il nostro bambino a fargli apprezzare il mondo dalla sua altezza. Provare ad accompagnarlo mentre prova i passi sorretto dalle nostre mani, stimolarlo posando dei giochi all’altezza del suo sguardo a qualche metro di distanza dalla sua postazione per invitarlo a raggiungerli, sono due piccoli esempi di come possiamo intervenire senza troppe forzature.
Le fasi di sviluppo psicomotorio del bambino. Il linguaggio
Un bambino che viene inserito precocemente in un contesto sociale, come l’asilo nido, è obbligato ad apprendere il linguaggio per farsi capire dagli altri coetanei. A differenza di noi adulti che ci sforziamo di interpretare il modo di comunicare, un bambino non lo fa. L’obbligo di dover comunicare per farsi capire stimola il bambino ad apprendere velocemente le basi del linguaggio verbale.
Un bambino che frequenta prevalentemente l’ambiente domestico può sviluppare dei ritardi nell’uso corretto del linguaggio. Questo non significa una difficoltà di comprensione ma che il bambino non ha gli stimoli che lo obbligano a parlare.
In ogni caso il pediatra consiglia una visita dal logopedista e otorinolaringoiatra entro il sesto anno di vita, prima dell’inserimento nella scuola primaria, nel caso in cui il bambino abbia ancora difficoltà ad esprimersi.
I programmi educativi montessoriani sono molto utili per sviluppare le intelligenze dei bambini e partono proprio dalla nascita per permettere ai genitori di applicare una educazione parentale continuativa, come ci racconta atrendyexperience.com
Per aiutare un bambino a parlare è inutile fare i finti tonti quando si esprime nel suo linguaggio. Il bambino è ancora legato alle figure genitoriali empaticamente e capisce perfettamente che noi adulti stiamo fingendo e non otterremo nulla. I cartoni animati sono una soluzione poco convincente. Anche quello più infantile non aiuta a parlare. La musica si. La sigla dei cartoni animati che piacciono di più può essere invece un’alleata vincente. Attratti dalla musica e dalla voce dolce e allegra della cantante, sono stimolati ad ascoltare e col tempo, a ripetere perfezionandosi sempre di più.