MILANO – Si chiama “Lasciami cadere” l’evocativo singolo di Lisa Manara uscito il 5 maggio in radio e sulle piattaforme: il brano incornicia una vocalità libera e istintiva che sembra provenire dalle profondità della Terra. Abbiamo intervistato questa giovane artista.
Lisa Manara presenta “Lasciami cadere”: «Le canzoni sono incontri»
Come descriveresti “Lasciami cadere”?
«“Lasciami cadere” è un sospiro ingombrante in una stanza vuota, un grido incastrato tra i stomaco e gola, un foglietto che nascondi in un libro in modo che venga poi letto, un film di cui non hai visto l’inizio. Ho scritto questo brano ad acquerello perché non avesse contorni definiti ma prendesse la forma dei pensieri di chi lo ascolta».
Nel brano si dà molta importanza alla figura del padre. Ce ne parli?
«Nel testo ci sono immagini caotiche e frammentate che vogliono evocare la sensazione vissuta per il rapporto ambivalente con il padre, di questa claustrofobica vicinanza e lontananza, l’uno il riflesso dall’altro da cui però ci si vuole affrancare; un amore che a volte non rispetta le nostre aspettative di figli perché l’unica cosa che vorremmo è poter sentirci liberi di essere, di sbagliare e quindi di cadere. Un padre rappresenta una figura precipua per la crescita di una bambina, ovvero è il primo sguardo del mondo esterno che una ragazza sente su di sé, lo sguardo del padre diventa per una ragazza un ponte per la conquista della vita, il ponte tra la famiglia e la società».
Ci sembra molto importante anche il tuo rapporto con il pianoforte, vero?
«Il pianoforte è lo strumento con cui ho incontrato la musica all’età di 5 anni, e con cui tuttora compongo i miei brani. Mia mamma per tanti anni ha suonato il piano e in casa eravamo soliti riunirci attorno a lei che suonava per cantare insieme qualche canzoncina. Volevo che fosse protagonista della canzone e accompagnasse in modo delicato le parole del testo. Mi piaceva l’idea di recuperare la primordiale natura del brano e vestirlo di pochi ulteriori dettagli per mantenere la sua semplice essenza».
Le canzoni sono incontri?
«Sì, lo penso davvero. La canzone è un incontro perché come ogni incontro porta sempre qualcosa di nuovo che ci parla di noi, del nostro sentire più intimo, ci fa da specchio per qualcosa che a volte non riusciamo nemmeno a percepire. La stessa canzone può incontrarci e parlarci in modo diverso perché ci evolviamo e quindi quello che decidiamo di assorbire dal mondo sarà sempre differente in ogni momento del nostro percorso».
Cosa c’è nel tuo domani?
«Dopo l’estate arriveranno altri brani e poi album o Ep. Mi piacerebbe portare la mia musica anche dal vivo magari aprendo qualche concerto ad artisti che stimo. Quest’estate prenderò parte a diversi Festival in cui proporrò un progetto live a cui sono molto affezionata, “L’Urlo dell’Africanità”, e poi chissà dove mi porterà questa nuova avventura».