Diventare genitori: paure e rischi di cui nessuno parla

Diventare genitori: paure e rischi di cui nessuno parla

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Diventare genitori, fino alla scorsa generazione, era un passaggio obbligato, un avvenimento naturale dell’età adulta, su cui non c’era molto da riflettere: prima o poi toccava a tutti, o quasi. Con le difficoltà e i sacrifici del caso, ma facevano parte del gioco e sarebbe stato sconveniente lamentarsi troppo.

Oggi, complici i nuovi assetti sociali, le maggiori difficoltà economiche, il venir meno della cultura del “sacrificio”, un approccio più aperto alla condivisione dei problemi, la genitorialità è diventata oggetto di infiammate discussioni. Dal salotto di casa al bancone del bar, passando per i social media, fino ai tavoli della politica. Il calo demografico in Italia, d’altra parte, impone di problematizzare questo tema.

Se è vero che le criticità del diventare genitori sono un oggetto di discussione molto frequente, tali discussioni tendono però a vertere solo sulle macro criticità – macro in quanto più diffuse, più visibili, più ostative. Ce ne sono però anche altre da considerare, sia da parte di chi riflette sull’eventualità di avere un figlio, sia da parte di chi si occupa di politiche per la genitorialità.

La precarietà lavorativa, l’insufficienza dei sostegni alle famiglie, la scarsità di asili nido, la contrapposizione forzata tra carriera e famiglia, il difficile bilanciamento tra lavoro e vita privata, gli squilibri tra il ruolo della donna e quello dell’uomo sono tutti argomenti cruciali, di cui è giusto continuare a parlare. Ma proprio perché se ne parla già tanto, vogliamo metterne in luce altri, che possono avere un impatto determinante sull’incertezza e sull’ansia che oggi molte coppie manifestano all’idea di diventare genitori.

La pressione sociale alla perfezione, amplificata dai social media, colpisce in modo particolarmente angosciante gli aspiranti genitori: il timore di non essere all’altezza delle responsabilità genitoriali, di non essere un buon modello per i figli, di non saperne abbastanza di come si cresce un bambino può essere schiacciante. Più si ha accesso a libri, materiale online, trasmissioni tematiche, corsi specifici, più sembra di essere impreparati. È difficile, quindi, non dare ascolto alla paura e a tutte le persone che vogliono fornire la loro opinione, fino a precipitare in una spirale di ansia che può sfociare in episodi depressivi. Ma la perfezione è un modello che non piace alle nuove generazioni, le quali stanno iniziando a lottare per liberarsene.

In questo mondo dominato dalle connessioni digitali, poi, non è nuova l’impressione che siamo sempre più lontani gli uni dagli altri, anziché più vicini. L’isolamento è una sensazione che molti neogenitori sostengono di vivere e molti aspiranti genitori di temere. L’idealizzazione della famiglia come nucleo fondante della società spesso fa dimenticare che una famiglia, da sola, non si tiene in piedi: c’è bisogno di reti per costruire un tessuto sociale solido. Un sondaggio condotto da Ipsos per Save the Children ha mostrato che il 40% delle madri in Italia si sente sola durante il primo anno di vita del bambino, e questo sentimento è ancora più accentuato per entrambi i genitori nelle città, dove la vita è frenetica e le famiglie sono spesso lontane. I cambiamenti che l’arrivo di un figlio impone nella vita quotidiana non sempre sono facili da conciliare con amici e familiari, soprattutto in assenza di un supporto pubblico ai neogenitori. D’altra parte, “per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio”.

Un adeguato supporto ai genitori è fondamentale anche per aiutare la coppia a scongiurare il rischio di crisi: l’arrivo di un bambino sconvolge le dinamiche di coppia e il 30% dei genitori italiani registra un aumento dei conflitti dopo la nascita del primo figlio (CENSIS). È necessario essere consapevoli del fatto che è normale avere bisogno di aiuto e anche volere del tempo per se stessi e per la coppia, senza che questo significhi essere dei cattivi genitori.

Un elemento critico ancora meno noto rispetto a quelli trattati finora è la depressione post partum paterna. Si parla molto di quella materna, perché è si manifesta in misura maggiore, ma in pochi sanno che questa condizione può colpire anche gli uomini. Gli studi – ancora pochi – stimano che il 10% dei padri italiani sperimenti sintomi di depressione nei primi sei mesi dalla nascita del figlio. La scarsità di informazioni con cui spesso i padri arrivano al parto, unita al fatto di sentirsi isolati, ignorati e colpevolizzati può accentuare questo malessere, che ha ripercussioni negative su tutta la famiglia.

Come si può notare, le paure e i rischi del diventare genitori più nascosti e insidiosi sono di natura psicologica, mentre ben più noti sono quelli di natura materiale. Anche tra questi ultimi, però, ce ne sono alcuni che rappresentano ancora un tabù. Per esempio, la paura di lasciare i figli senza supporto morale e materiale nel caso in cui dovesse succedere qualcosa ai genitori. Stiamo lentamente imparando a parlare più apertamente di temi come la morte, la malattia e il disagio economico, e questa apertura alla condivisione può aiutare anche a conoscere e ad avvicinarsi più serenamente ad alcune soluzioni di supporto preventivo, come le assicurazioni e, nello specifico, le polizze vita che possono diminuire almeno in piccola parte l’ansia del futuro insita nel diventare genitori.
Foto di Pexels da Pixabay

 

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Autore dell'articolo: Cesare Di Simone

Passione sfrenata per tutto ciò che è tecnologico utente di lungo corso Android e sostenitore di tutto ciò che è open-source e collateralmente amante del mondo Linux. Amante della formula uno e appassionato dell'occulto. Sono appassionato di oroscopo mi piace andare a vedere cosa dicono le stelle quotidianamente.