"In questo angolo di mondo", la recensione [SPOILER]

“In questo angolo di mondo”, la recensione [SPOILER]

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“In questo angolo di mondo” è il capolavoro di Sunao Katabuchi del 2016, adattamento del manga Kono sekai no katasumi ni di Fumiyo Kòno. Il film, raffinato, drammaticamente realistico ed estremamente toccante, è campione di incassi in Giappone.

In questo angolo di mondo

Lo stile è tipicamente nipponico. Nel descrivere il dramma del bombardamento di Hiroshima durante la seconda guerra mondiale vi è uno spazio riservato alla poesia e alla sua celebrazione. Nella macro-sequenza della guerra si inserisce la storia di Suzu, che apre la scena con un soliloquio in cui si descrive brevemente raccontandosi con gli occhi di chi la osserva: una bambina con “la testa tra le nuvole”. È proprio in questa caratteristica che si palesa il suo essere acerbo, l’avere connotati di ingenua semplicità. Una spensieratezza che ben presto verrà meno, barattando l’amenità dei luoghi familiari con il disfattismo bellico che aleggia tra cumuli di macerie.

Suscita ammirazione la plasticità cerebrale con cui il personaggio modifica la propria struttura per meglio aderire alla realtà circostante. La trama si snoda tra le vicende di vita quotidiana, scrivendo un racconto di formazione che seguirà da vicino il processo evolutivo della giovane. Si avverte subito lo sforzo sovrumano di Suzu nell’imparare a svolgere i lavori a lei assegnati. Il primo adempimento in una vita fatta di doveri è la consegna delle alghe marine come lavoratrice in sostituzione del fratello maggiore compiuto tra il timore di essere inadeguata e l’ansia di sbagliare.

In questo angolo di mondo

Nel frattempo suona per lei Adeste fideles quale inno alla gioia di vivere, quale invito ad avere fiducia nel futuro. Inizia quindi la narrazione di un personaggio in fieri, acerbo, esposto al flusso della vita e della sorte, una sognatrice fervente della cui essenza resterà integro lo spirito, seppur melanconico, al termine del bombardamento nella struggente dichiarazione :” Ho sempre sognato di morire restando una sognatrice ad occhi aperti”. Una prerogativa che è tutt’altro che scontata.

Il Trasferimento

Raggiunta la maggiore età, viene data in sposa a Shusuke ed è costretta a trasferirsi a Kure dove coltiva tenacia e determinazione nell’imparare a diventare il perfetto modello della moglie che sa cucire, cucinare e prendersi cura della famiglia. Con l’inizio della guerra continua ad esercitare il suo senso di disciplina nel reagire prontamente, come da manuale, non appena le sirene avvertono dell’imminente pericolo.

La caparbietà nel migliorare se stessa e la tenacia nel restare in piedi malgrado le avversità sono  caratteristiche tipiche del popolo giapponese di cui Suzu è l’emblema massimo. Ella rappresenta un modello estremamente positivo, capace di resistere alle avversità con grande resilienza. Appassionata di disegno a matita e acquerello, ritrae una realtà non completamente fedele al vero, quanto piuttosto permeata della sua fantasia creativa. I doveri la costringono all’abnegazione e all’astensione dal coltivare il talento per il disegno, non più innocuo e salvifico quanto pericoloso mezzo con cui testimoniare la presenza in mare delle flotte alleate e nemiche laddove ella vede  solo la magnificenza delle acque.

Il Passaggio da Fanciullezza e Maturità

Gli stereotipi dell’epoca rendono la giovane protagonista di “In questo angolo di mondo” un prodotto preconfezionato ed ordinario, aderente all’ideale umano incoraggiato quasi sarcasticamente da un amore di gioventù. Le vicende avverse la scollano e la riscattano da quel destino  per metà segnato per metà incoraggiato. L’analisi degli elementi naturali è indispensabile. Il mare che agitandosi spaventa e placandosi attrae, è la metafora della vita imprevedibile, indomabile e degli eventi che cambiano la fisionomia dei paesaggi come delle identità.

Quel mare che segna il confine tra la fanciullezza e la maturità consentendo a Suzu di affrontarlo senza la sorveglianza degli adulti, quel mare nelle cui onde si diverte a vedere e ritrarre conigli in corsa al posto della schiuma delle onde, quel mare che, ritratto, diviene più placito e polarizzante,  una realtà straniante, un dolce rifugio perfino per i più burberi marinai. Un mare che cambia i luoghi noti quando la marea si ritrae, rendendoli sconosciuti e inesplorati. Un mare che prepara alle sfide quotidiane scardinando le certezze di sempre.

In questo angolo di mondo

“In questo angolo di mondo” – Epilogo

Il cielo è ora terso, attraversato da ridenti uccelli in volo e soffici nuvole, ora dipinto dai colori del tramonto che lascia sfumare il giorno; il cielo che d’improvviso si trasforma, con l’inizio della guerra, in uno scenario brutale e inquietante. Ogni volta che si avverte la tensione massima del dramma, l’escapismo di Suzu trasforma il mondo in una tela . In questa trasformazione che la vede non più bambina, ma non ancora matura, traccia con il dito indice delle linee immaginarie per figurarsi la realtà.  Colpo dopo colpo, il personaggio reagisce con umiltà, non uscendo mai indurito nel carattere, ma finalmente risoluto. Quando un’esplosione le porta via la mano destra, resta a contemplare l’arto mancante e, con il ricordo delle azioni svolte con esso, ripercorre l’intera sua vita. Non avrebbe potuto più disegnare per se stessa, né cucire o cucinare per suo marito.

L’amputazione le richiede una rinascita e la ricerca di un nuovo ruolo, comporta il diniego di quella vita ideale per la quale ha tanto lottato. Nonostante l’impegno profuso, la capacità di trasformare l’obbligo in una scelta, lo spirito di sacrificio, il rito dell’abitudine alla quale si arrende con cedevole piacere, le conquiste duramente ottenute per costruire una vita perfetta, il personaggio matura la consapevolezza che tutto le sfugge di mano, perfino la ragione che spinge le sue azioni. Se lottare non serve a niente, sarebbe forse più semplice arrendersi alla violenza?

Ma se è vero che la guerra distrugge tutto, è anche vero che con le pareti delle case cadono le maschere delle mille identità umane ed è possibile ricominciare, andare lontano senza remora alcuna.

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Ma dove andare? Qual è il luogo che ci appartiene di diritto? “Quella recinzione doveva avere molti spazi tra le assi.  Se solo avessi voluto, sarei potuta andare…”

 

 

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Autore dell'articolo: Redazione Webmagazine24