Letta rivendica l'orgoglio Pd per stoppare "opa ostile"

Letta rivendica l’orgoglio Pd per stoppare “opa ostile”

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ROMA – Enrico Letta rivendica l’orgoglio Pd e scrive agli iscritti per ribadire che il partito è “vivo” e che, anzi, tocca proprio ai democratici “la responsabilità di organizzare un’opposizione seria alla destra”. Una precisazione che il segretario aveva preparato già da giorni, non nasce dopo i vari appelli a sciogliere il partito apparsi stamattina su diversi giornali. Il tema, del resto, non è di oggi, già prima del voto – sottovoce, ma non troppo – parecchi mettevano in dubbio la ragion d’essere del partito, come oggi ha fatto pubblicamente anche Rosy Bindi.

Il segretario mette subito in chiaro i termini della discussione, sottolineando che il Pd è pur sempre il “secondo partito italiano”, nonostante gli attacchi di “inusitata asprezza” di chi vuole “mettere in discussione la nostra stessa esistenza”. E’ questo il punto: il Pd è oggetto di un’opa ostile dal centro e da M5s, ma “le basi per ripartire ci sono”. Serve però “un confronto serissimo e sincero tra di noi”, appunto perché è in discussione la stessa esistenza del Pd. “So che vogliamo tutti arrivare presto a un nuovo Pd e a una nuova leadership”, dice il segretario. In realtà, la frase è più un auspicio che la manifestazione di una certezza.

Letta rivendica l’orgoglio Pd per stoppare “opa ostile”

Letta sa bene che l’idea di archiviare il partito e ricostruire una forza più tradizionalmente di sinistra, alleata con M5s, circola anche tra i democratici. Ha ben presente il rischio di un big bang e rilancia: “Il Pd per sua natura deve essere un partito espansivo e largo”. Il contrario di quello che accadrebbe con una spaccatura. Per questo chiede di “rimettere tutto in discussione”, compresi “identità, profilo programmatico, nome, simbolo, alleanze, organizzazione”. Il tutto con “un vero congresso costituente”. Un’apertura a chi è fuori dal Pd, a cominciare da Articolo 1 ma non solo.

Come spiega Enrico Borghi, della segreteria del partito, Letta “fa giustizia di alcune tesi liquidatorie del Pd avanzate in queste ore anche in maniera piuttosto confusa: non si capisce bene verso cosa dovremmo scioglierci in maniera indistinta”. Perché alla fine di questo si discute: se il Pd debba continuare ad esistere, sia pure cambiando tutto quello che c’è da cambiare, o se di fatto vada dichiarato fallito il progetto di unire le varie anime del riformismo e del progressismo per tornare ad una forza più classicamente “di sinistra”.

Anche lo stop alla corsa dei candidati – il “casting”, come lo ha chiamato Letta – serve ad evitare una discussione scomposta che, dietro ai singoli nomi, cela appunto progetti che portano all’archiviazione del Pd. Tanto più, avverte il segretario, che è “indispensabile rigenerazione del gruppo dirigente. Contenuti forti e volti nuovi sono entrambi necessari”. Bisogna invece evitare di “trasformare il congresso in un casting” I vari capi-corrente per ora tacciono. Parleranno in direzione il 6 ottobre, qualcuno probabilmente si farà sentire prima con qualche intervista. Radio-Pd, nel frattempo, parla di una sfida che potrebbe non essere polarizzata solo dai nomi di Stefano Bonaccini ed Elly Schlein.

 

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Autore dell'articolo: Redazione Webmagazine24