Per anni abbiamo creduto alle pubblicità ingannevoli, che ci facevano passare dentifrici con granuli abrasivi, maschere esfolianti, scrub ed altri cosmetici come prodotti innovativi proprio per la presenza di microperle.
Poi abbiamo scoperto che quelle erano microplastiche, che abbiamo in parte ingerito, come per i dentifrici, e in parte sono state assorbite dal nostro organismo con conseguenze non piacevoli (link di approfondimento).
Quasi tutte le microplastiche dei cosmetici vanno poi a finire negli scarichi fognari e raggiungono gli oceani dove, purtroppo, rappresentano una delle principali fonti di inquinamento ambientale a livello globale, in quanto, a differenza dei detriti di plastica, che vanno incontro ad un lento processo di frammentazione, esse sono già delle dimensioni giuste per entrare nella catena alimentare.
Finalmente il Parlamento UE ha approvato con larga maggioranza la risoluzione che prevede entro il 2020 (tra due anni circa) il divieto totale delle microplastiche in molte formulazioni cosmetiche come le maschere facciali ad azione esfoliante e in molti tipi di scrub, saponi, detergenti e dentifrici.
Si deve sempre tenere a mente, che gli esseri umani sono una popolazione mondiale di sette miliardi e mezzo e che l’utilizzo di tali prodotti a livello globale rappresenta una minaccia reale per l’ecosistema marino e non solo. Purtroppo per capire quali di questi prodotti abbiano le velenose microperle di plastica è necessario un occhio esperto, in quanto la dicitura riportata sulle etichette è generica e poco chiara.
La risoluzione europea, però, non è vincolante, per cui bisogna vigilare, affinchè venga recepita del nostro Paese e venga rigorosamente applicata! A molti di voi apparirà sconvolgente la notizia che nei nostri dentifrici ad azione abrasiva o nelle nostre creme esfolianti possano essere state utilizzate delle microperle di plastica, che in parte ingeriamo, se arrivano nel cavo orale: ebbene, è proprio così!
Un recentissimo articolo dimostra, per la prima volta, che la popolazione dei crostacei dell’Antartico, detto Krill, che compone lo zooplancton, è in grado di mangiare le microplastiche e di frammentarle ulteriormente in particelle più piccole (nanoplastiche).
In passato abbiamo già visto come le nanoplastiche sono in grado anche di entrare nel ciclo dell’acqua.
Secondo il recentissimo studio del gruppo di ricerca australiano, una frazione delle microplastiche ingerite dal krill, con un diametro medio di 31,5 micrometri, venivano espulse insieme alle feci con dimensioni inferiori ad un micrometro e cioè delle dimensioni tipiche delle nanoplastiche.
Per la prima volta è stato dimostrato che anche le specie animali, come il krill dell’ Antartico, sono implicate del processo di frammentazione delle microplastiche in particelle più piccole e cioè le nanoplastiche, molto più pericolose e insidiose delle prime, in quanto le loro ridotte dimensioni permette loro di essere assorbite dal tratto gastrointestinale e di accumularsi nell’organismo.
La sospensione planctonica, che galleggia sulla superficie degli oceani, spinta dalle correnti, ha un’elevatissima probabilità di incontrare le microplastiche galleggianti ubiquitarie, e a causa della caratteristica strategia di alimentazione del plancton, poco selettiva, ingerisce qualsiasi cosa che sia delle dimensioni giuste per entrare nell’apparato digerente di questi crostacei.
Le mandibole del gamberetto, situate alla base dell’esofago, sono in grado di tagliare e sminuzzare in maniera efficiente le plastiche più teneri, frammentandole e ingerendole.
Le microsfere, se troppo grandi, una volta ingerite, inducono ad una occlusione intestinale anche fatale, oppure, se non vengono frammentate, rimanendo intrappolate nell’intestino, inducono una riduzione significativa delle capacità di assorbimento dei nutrienti.
Il Krill rappresenta poi la principale fonte di sostentamento di tantissime specie marine, dai piccoli molluschi alle gigantesche megattere, fono ad arrivare nei nostri piatti, sotto forma di risotto ai frutti di mare o di frittura di pesce.
Esiste anche una pesca commerciale di krill che ammonta a circa 200.000 tonnellate annue, perché esso viene usato come mangime per acquacultura o da esso viene estratto dall’industria farmaceutica il famosissimo acido grasso omega-3 e l’antossidante astaxantina, che dona al crostaceo il colore rosa.
Sono in corso studi per capire il reale danno all’ecosistema e il loro impatto sulla nostra salute, per cui bisogna attendere le evoluzioni della Scienza, ma è giusto intervenire subito prima che sia troppo tardi!
Autore del libro “La Dieta della Plastica“