Una donna con long Covid

Long Covid e vitamina D: esiste una correlazione?

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Il Long Covid

L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) definisce il Long Covid come la continuazione o la comparsa di sintomi correlati a COVID-19 entro tre mesi da un’infezione acuta da SARS-CoV-2. In questi casi per i sintomi non è possibile riconoscere altre cause e possono protrarsi per due mesi o più.

I sintomi di cui parliamo comprendono: sensazione di stanchezza o affaticamento, tosse, difficoltà a respirare o mancanza di respiro, dolori articolari, ma anche ipertensione, cambiamenti nell’olfatto, nel gusto o in entrambi
confusione, dimenticanza o annebbiamento mentale.

La condizione colpisce circa il 50%/70% delle persone che sono state ricoverate in ospedale con COVID-19. Questo dato è riportato in un nuovo studio che esplora un legame tra carenza di vitamina D e appunto Long Covid.

Un nuovo studio

E’ un nuovo lavoro di ricerca quello che mette in correlazione Long Covid e vitamina D e si trova pubblicato su The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism.

I ricercatori hanno esaminato i livelli di vitamina D dei soggetti con la patologia al momento del ricovero in ospedale e sei mesi dopo la dimissione. I pazienti con sintomi di Long Covid avevano livelli più bassi di vitamina D rispetto a quelli che non si trovavano nella medesima condizione.

Gli autori hanno reclutato 50 persone con Long Covid e 50 persone senza la condizione da un ambulatorio associato all’Ospedale San Raffaele di Milano. Gli individui nei due gruppi sono stati abbinati uno ad uno. Gli elementi valutati sono stati: la gravità della malattia da COVID-19, ma anche età, sesso ed eventuali condizioni croniche preesistenti.

Il team di ricerca ha pensato ad uno studio controllato per rimuovere il maggior numero possibile di variabili sconosciute, producendo ciò che gli autori considerano una scoperta solida.

Al follow-up di sei mesi, gli autori dello studio non hanno riscontrato altre differenze osservabili tra i partecipanti abbinati. Ciò suggerisce che è proprio la carenza di vitamina D a provocare la sintomatologia.

L’area clinicamente più compromessa per via dei bassi livelli di vitamina D è stata quella neurocognitiva.

L’importanza di assumere vitamina D

La vitamina D è prodotta indirettamente grazie alla luce solare. I raggi ultravioletti B inducono la produzione del 7-deidrocolesterolo, utilizzato per produrre vitamina D3 nel fegato e quindi nei reni.

Il National Institutes of Health (NIH) raccomanda che gli adulti di età compresa tra 19 e 70 anni ricevano una media di 600 UI di vitamina D al giorno. Gli anziani dovrebbero riceverne una media giornaliera di 800 UI.

L’unico modo per conoscere i propri livelli di vitamina D è attraverso il dosaggio ematico. Se i risultati degli esami del sangue indicano una carenza, il medico consiglierà il dosaggio dell’integrazione adatto alle esigenze del soggetto.

A questo punto è lecito chiedersi se assumere vitamina D possa ridurre il rischio che si sviluppi il Long Covid. La risposta è che il ruolo dell’integrazione di vitamina D nella prevenzione di questa specifica condizione non è ancora disponibile.

La raccomandazione è quella di controllare in via precauzionale i livelli di vitamina D dei pazienti con l’infezione dopo il ricovero e di trattare eventuali carenze se necessario.

 Fonte: Vitamin D deficiency linked to increased risk of developing long COVID

 

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Autore dell'articolo: Eliana Pellegrino