Secondo PKD International, 12,5 milioni di persone sono colpite da malattie renali policistiche. Non esiste una cura nota, ma potranno esserci un giorno, grazie in parte alla nuova ricerca di un ricercatore di biologia di Concordia.
In uno studio recentemente pubblicato in PLOS Genetics, Chiara Gamberi e i suoi coautori hanno sviluppato un innovativo modello di ricerca basandosi sui moscerini della frutta, i ricercatori producevano cisti dannose in questi piccoli insetti, simulando quelli che possono formarsi sui reni umani. Il modello aiuta lo studio di come le cellule si proliferano nella malattia renale policistica e nel cancro.
I moscerini della frutta cosa c’entrano con le malattie renali?
«Il genoma umano e degli insetti hanno un sorprendente livello di somiglianza: infatti, i rapporti genetici o i percorsi genetici sono praticamente identici tra esseri umani e mosche da frutta», spiega Gamberi, professoressa associata di biologia presso la Facoltà di Arti e di Scienza della Concordia.
«La maggioranza degli organi umani hanno controparti anche in questi insetti. Questo è un grande vantaggio che possiamo sfruttare per studiare le funzioni dei geni associati alla malattia e anche per individuare possibili metodi per combattere queste malattie». I reni sono particolarmente impegnativi da indagare a causa delle difficoltà di isolamento dei nefroni – piccoli tubi nel rene che filtrano sostanze dai fluidi corporei. Il banale moscerino della frutta, anche se piccolo, è un efficace “sostituto” per indagare sui percorsi della malattia, con l’ulteriore vantaggio di consentire ai ricercatori di valutare rapidamente le influenze genetiche e chimiche a causa della breve vita della mosca della frutta. Gamberi e i suoi coautori hanno riportato il primo esempio di cisti renali nella specie di moscer da frutto Drosophila melanogaster.
Attraverso un approccio interdisciplinare che includeva analisi genetiche, biologia molecolare, microsezione e esami dei farmaci, hanno cominciato a decifrare i percorsi biochimici attraverso i quali formano le cisti del rene. Hanno inoltre stabilito metodi di screening per identificare i farmaci candidati. I risultati consentiranno ai medici di individuare nuovi obiettivi e metodi di trattamento per alcune malattie renali e tumori. «I nostri risultati confermano e sollecitano ulteriormente l’uso di questo primo modello in forma di mosca per la formazione di cisti renali per individuare i meccanismi molecolari e cellulari al lavoro», afferma Gamberi.
«Spero che i nostri studi contribuiranno a definire i precisi difetti cellulari e molecolari alla base della formazione di cisti renali», aggiunge. «Questo permetterà anche di approfondire le malattie come il cancro, in cui proliferano determinati tipi di cellule. In definitiva, questo aiuterà a selezionare bersagli e farmaci per interventi terapeutici mirati a ridurre la formazione di cisti e ripristinare la funzionalità nefronica».