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Avvocatura 2019: il rapporto del Censis. I numeri della professione parlano di un aumento tra i giovani e le donne
Il Censis dunque stile il rapporto sull’Avvocatura 2019 in Italia e, dai primi dati, si evince un aumento costante dal 2000 anche se a ritmi contenuti.
Infatti, se nel 2000 la variazione degli iscritti rispetto all’anno precedente era stata pari all’8,7%, la crescita tra il 2017 e il 2018 è stata solo dello 0,3%.
In merito al Rapporto inoltre, il presidente di Cassa Forense Nunzio Luciano spiega:
Dal rapporto Censis 2019 emergono alcuni elementi che lasciano sperare in un futuro migliore per quanto riguarda la professione forense.
Positivi sono gli indicatori relativi a un miglioramento del reddito, sia pure in misura molto contenuta, di giovani e donne.
Importante è anche la percezione positiva del futuro da parte dell’intera categoria, a riprova dell’importante lavoro svolto da istituzioni e associazioni forensi.
Per quanto riguarda giovani e donne il rapporto evidenzia come siano loro i più ottimisti
I numeri infatti parlano chiaro: Tra le donne il 32,7% prevede un miglioramento, contro il 29,7% degli uomini.
Inoltre tra le professioniste la condizione di stabilità o di miglioramento riguarda il 65,9%; è altresì salito il fatturato di giovani e donne l 42,5% degli under 40 anni ha dichiarato un incremento nel 2018.
La questione giustizia è analizzata anche dal punto di vista degli italiani che lamentano processi troppo lunghi e indulgenza
Il 61,1% degli italiani infatti chiede interventi concreti per ridurre la durata dei processi civili e penali; così come il quadro delle garanzie dell’imputato è ritenuto eccessivamente indulgente dal 57,6%.
Non solo: l’82% degli italiani pensa che il sistema di giustizia è troppo benevolo nei confronti di politici e amministratori corrotti.
Una maggiore severità dunque chiesta soprattutto per reati quali:
- stupratori e pedofili (78,4%),
- ladri di appartamento e rapinatori (76,4%),
- molestatori (76,4%),
- responsabili di reati ambientali (76,1%).
Tutto questo porta dunque a pensare che la giustizia italiana come favorirebbe ricchi, privilegiati e spregiudicati: lo pensa il 25%.