Nel vasto mondo delle malattie neurodegenerative, le malattie da prioni occupano un posto particolare, avvolto da un alone di mistero e preoccupazione.
Queste patologie, note anche come encefalopatie spongiformi trasmissibili, sono malattie degenerative del sistema nervoso centrale che colpiscono sia l’uomo che altri mammiferi. La loro particolarità? Sono causate non da virus o batteri, ma da prioni, forme alterate di una proteina normalmente presente nel nostro corpo, in particolare nel cervello. Ma cosa sono esattamente i prioni e perché sono così pericolosi?
Cause e manifestazioni delle malattie da prioni
Queste malattie sono causate dai prioni, proteine infettive che possono trasformarsi e causare danni al cervello. Pensate al morbo della mucca pazza, ad esempio. Queste malattie sono veloci, aggressive e, purtroppo, mortali.
Immaginate una proteina, la proteina prionica (PrP), che vive tranquillamente in vari organi del nostro corpo, svolgendo le sue funzioni quotidiane. Tuttavia, in certe circostanze, questa proteina può cambiare forma e diventare un prione. Questa trasformazione può avvenire spontaneamente, a causa di mutazioni genetiche o a seguito di un’infezione da prioni provenienti da un altro organismo. Una volta che la proteina prionica si è trasformata in un prione, inizia a causare problemi. Infatti, i prioni hanno la capacità di indurre altre proteine prioniche a cambiare forma e diventare a loro volta prioni. Questo effetto a catena porta all’accumulo di prioni nel cervello, causando la formazione di forellini microscopici che rendono il tessuto cerebrale simile a una spugna. Da qui il termine “encefalopatie spongiformi“.
Ma perché queste malattie prioniche sono così temute?
Innanzitutto, sono malattie molto rare, il che le rende difficili da studiare e da comprendere a fondo. Inoltre, una volta manifestatisi i primi sintomi, evolvono molto rapidamente, portando spesso alla morte in pochi mesi o anni. Ad oggi, non esistono cure efficaci per le malattie da prioni, rendendole una delle sfide più grandi nel campo della ricerca medica.
Un esempio di malattia da prioni è l’Insonnia Fatale Familiare (FFI), una malattia genetica rara che si manifesta intorno ai 50 anni e ha come segno clinico principale una profonda alterazione del sonno. La diagnosi delle malattie da prioni può essere complicata. Nei casi familiari, la diagnosi viene confermata dall’analisi genetica, mentre in altri casi si basa su esami come l’elettroencefalogramma, la risonanza magnetica e l’analisi del liquido cefalorachidiano.
Fortunatamente, istituti di ricerca come l’Istituto Mario Negri stanno lavorando incessantemente per svelare i misteri delle malattie da prioni e trovare potenziali terapie. Grazie ai finanziamenti di diverse organizzazioni, come la Fondazione Telethon e il Ministero della Salute, gli scienziati sono riusciti a fare passi da gigante nella comprensione di queste malattie e nella ricerca di possibili cure.
La ricerca e la molecola anti-prioni. La ricerca ha identificato una molecola che potrebbe bloccare la replicazione dei prioni.
Una recente scoperta ha suscitato grande interesse nella comunità scientifica. Uno studio realizzato dall’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, in collaborazione con l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e l’Università degli studi dell’Insubria, ha identificato una molecola in grado di bloccare la replicazione dei prioni. Questa scoperta potrebbe aprire la strada a nuove terapie per combattere le malattie da prioni, offrendo una luce di speranza a tutti coloro che sono affetti da queste terribili patologie.
Il ruolo dell’Istituto Mario Negri di Roberto Chiesa, un grande della neurobiologia dei prioni, e il suo team hanno guidato questa ricerca. E non sono stati da soli: Giovanna Musco e Enrico Caruso hanno dato il loro contributo essenziale.
Il meccanismo d’azione della molecola. Questa molecola ha un doppio meccanismo d’azione. Non solo impedisce ai prioni di replicarsi, ma li elimina anche dalle cellule nervose.
“Purtroppo – spiega Roberto Chiesa, responsabile del laboratorio di Neurobiologia dei prioni dell’Istituto Mario Negri che ha coordinato lo studio – ad oggi non esistono cure. Una delle ragioni è legata al fatto che man mano che si replicano, i prioni mutano e rendono difficile identificare delle terapie in grado di debellarli. Nel corso dello studio su modelli sperimentali in vitro, abbiamo studiato l’effetto di alcune molecole sulla capacità dei prioni di replicarsi e ne abbiamo individuata una che svolge una doppia azione. Da un lato impedisce alla proteina prionica di trasformarsi in un prione e dall’altro ne induce l’eliminazione dalla superficie delle cellule nervose”.
“Questa scoperta – continua Giovanna Musco che dirige il laboratorio di Risonanza magnetica nucleare biomolecolare dell’IRCCS Ospedale San Raffaele – è molto importante perché evidenzia un meccanismo del tutto nuovo che blocca la replicazione dei prioni ed evita che mutino, sviluppando di conseguenza una resistenza a possibili terapie. Intendiamo sfruttare queste evidenze per poter formulare una nuova classe di farmaci per curare queste terribili malattie”.
“Il prossimo obiettivo in questa direzione – conclude Enrico Caruso del Dipartimento di biotecnologie e scienze della vita dell’Università dell’Insubria – è studiare come modificare chimicamente la molecola individuata (una porfirina), che per le sue caratteristiche al momento non può essere utilizzata come farmaco, o individuare molecole che agiscano con lo stesso meccanismo d’azione ma siano dotate di migliori proprietà farmacologiche”.
Lo studio è stato possibile grazie ai finanziamenti della Fondazione Telethon, Ministero della Salute, la CJD Foundation e Associazione Italiana Encefalopatie da Prioni (A.I.En.P.)
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