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Mafia a Palermo, i commercianti finalmente denunciano il racket delle estorsioni. Dopo anni e anni di silenzio, i commercianti del quartiere: Borgo Vecchio di Palermo hanno deciso di ribellarsi alla mafia e alle sue angheria e hanno denunciato gli estensori. I carabinieri della Compagnia del capoluogo siciliano hanno arrestato 20 persone a vario titolo fra gregari ed esattori di una delle più potenti famiglie mafiose della città. Le accuse sono: associazione mafiosa, associazione per delinquere finalizzata al traffico di Droga, vari furti, ricettazione, tentato omicidio aggravato, estorsioni e danneggiamenti . Secondo le indagini, ” Cosa Nostra” aveva anche il monopolio delle organizzazioni delle serate musicali. Soprattutto in onore della santa del quartiere malfamato di Borgo Vecchio: Madre Sant’Anna.
Mafia a Palermo……. le indagini
Sono oltre 20 le estorsioni accertate nel corso dell’indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale antimafia della città siciliana. Solo 13 scoperte grazie a denunce spontanee degli abitanti del quartiere. In 5 casi, invece i commercianti hanno dovuto ammettere di pagare il ” pizzo” solo dopo la convocazione degli inquirenti Le indagini hanno condotto ai fermi e alla prosecuzione di inchiesta sulla famiglia mafiosa di Borgo Vecchio. E in particolare sul mandamento di Porta Nuova. La gestione delle estorsioni era demandata da Angelo Monti, Giuseppe Gambino e Salvatore Guarino. Per avanzare le richieste estorsive e intimidire le vittime, il racket si avvaleva di: Giovanni Zimmardi, Vincenzo Vullo e Filippo Leto. E c’erano anche le tifoserie di calcio fra i settori di ingerenza della Cosca mafiosa di Borgo Vecchio. Lo stadio Barbera ricade, infatti nel territorio di confine fra i mandamenti di :Resuttana e San Lorenzo.
Altri reati
Gli inquirenti hanno anche svelato gli autori di un tentato omicidio. Marcello D’India e Giovanni Bronzino hanno tentato di assassinare nel dicembre del 2018, Giovanni Zimbardi. I due malviventi aggredirono l’uomo con un coltello. Zimmardi era incaricato anche lui dal clan di riscuotere il pizzo. Il motivo dell’aggressione ha dei risvolti quasi futili. I due mafiosi erano adirati verso l’uomo per una cena pagata in una trattoria con dei soldi falsi. Dall’indagine è emerso uno smisurato controllo da parte dell’organizzazione anche sul tessuto sociale. L’imposizione delle proprie imposizioni anche su controversie familiari. Dai litigi sentimentali, agli sfratti degli affitti non pagati. Un elenco di attività davvero impressionanti.
Il traffico di droga
Il traffico di droga era invece affidato a Jari Ingarao, nipote del Boss di quartiere. L’uomo, ai domiciliari coordinava tutte le attività legate allo spaccio di stupefacenti. Acquistava la merce principalmente in Campania. Poi la riforniva alle varie piazze del quartiere. Aveva messo su una squadra di pusher organizzati. Si faceva aiutare anche dai fratelli Gabriele e Danilo. Il clan controllava anche ricavi e investimenti. Rubavano negli appartamenti e poi restituivano la merce ai proprietari tramite denaro. Il cosiddetto ” cavallo di ritorno” una forma di riscatto alla merce rubata. Si occupavano anche de macro traffico nelle altre nazioni straniere. Oppure commerciavano con altre famiglie mafiose. Un giro ben organizzato. Dove tutto fila senza intoppi. Radicato anche nello stile di vita. E nelle abitudini.
La Mafia nel tessuto sociale siciliano
Dire che la mafia è molto diffusa in Sicilia, non è certamente un luogo comune. Spesso la criminalità organizzata entra nel tessuto sociale ad ogni livello. Non solo, nei ceti sociali più bassi, quelli disagiati, ma anche nella borghesia bene. La convenienza e la corruzione fanno il resto. Si istaurano anche delle consuetudini pericolose. Molto difficili da sopprimere. Che certo nelle case meno abbienti trovano terreno facile. Oggi il siciliano medio combatte con una realtà omertosa. Ogni giorno giovani lasciano la regione oppressi dalla mafia. Molti cercano di ignorarla. La mafia è una piaga e va sempre combattuta.