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Sahar Khodayari è morta dopo essersi data fuoco. La giovane aveva protestato contro il divieto d’ingresso delle donne iraniane allo stadio
Si era data fuoco nei giorni scorsi davanti a un tribunale di Teheran: Sahar Khodayari è morta in un’ospedale della capitale iraniana a seguito delle ustioni riportate.
Fermata nei mesi scorsi allo stadio di Teheran mentre tentava di entrare allo stadio vestita da uomo.
Khodayari infatti voleva assistere alla partita della sua squadra l’Estghlal, allenata ora tra forti contrasti dal tecnico italiano Andrea Stramaccioni.
In quell’occasione divenne famoso il suo selfie per il quale è soprannominata “The blue girl”.
Un tentativo dunque per denunciare il divieto di accesso alle donne allo stadio
Un gesto che, purtroppo, le è costato il carcere femminile di Gharchak Varamin a sud di Teheran.
Infatti l’accesso delle donne allo stadio è considerato reato punito appunto con la galera.
La decisione di darsi fuoco avviene quando, successivamente alla sua liberazione, venne a conoscenza che la pena del carcere data per certa.
Il gesto di Sahar Khodayari mette in evidenza il grande problema delle discriminazioni
Nonostante i tentativi e le iniziative contro queste situazioni infatti, la situazione è ancora molto complessa specie in Iran.
Sicuramente il caso Blue Girl apre nuovi scenari al punto che sono diverse le forme di indignazione e le iniziative per eliminare le forme di discriminazione
Una di queste viene da Ando Teymourian, il primo cristiano a diventare capitano della Nazionale dell’Iran.
Come riporta Il Foglio, l’ex capitano chiede che lo stadio proibito sia dedicato proprio alla ragazza.
Ma non solo: altra importante iniziativa viene da Ali Karimi, ex giocatore iraniano del Bayern Monaco che nella sua carriera giocò 127 partite per la nazionale.
L’ex giocatore infatti ha invitato tutti i tifosi iraniani di calcio a boicottare gli stadi come segno di protesta per la morte di Khodayari.
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