Secondo uno studio scientifico recente la proteina SOD1, nota come superossido dismutasi 1, svolgerebbe un ruolo importante nella cura della sclerosi laterale amiotrofica (SLA). Cosa hanno scoperto i ricercatori in merito? Scopriamo i risultati sorprendenti di questa favolosa ricerca scientifica pubblicata in data 16 aprile da Cheng Zhu, Matthew V. Beck, Jack D. Griffith, Mohanish Deshmukh, and Nikolay V. Dokholyan (Università del Nord Carolina).
SLA: i risultati della Ricerca scientifica del Nord Carolina
La SLA è una patologia che nel 10% dei casi è familiare ed ereditaria e, tra i casi analizzati, il 20% dipende da difetti nel gene SOD1, un enzima che interviene nei meccanismi di difesa contro il processo di ossidazione e di invecchiamento cellulare.
Gli scienziati hanno scoperto una novità davvero importante nel campo degli studi dedicati alla SLA: mentre piccoli aggregati di SOD1 possono cagionare la comparsa della patologia neurologica, aggregati più complessi e più grandi possono aiutare a proteggere i neuroni.
L’autore principale e il capo del team di ricerca è Cheng Zhu dell’Università del Nord Carolina a Chapel Hill: tutti i risultati dello studio sono stati pubblicati negli Atti della National Academy of Sciences.
La sclerosi laterale amiotrofica (SLA), nota anche come malattia di Lou Gehrig, è una malattia neurodegenerativa che colpisce circa 14.000-15.000 persone negli Stati Uniti. Nella SLA, i motoneuroni ovvero le cellule nervose che controllano il movimento volontario dei muscoli, si deteriorano gradualmente. Con il progredire della malattia, i sintomi peggiorano e alla fine i pazienti affetti dalla SLA perdono la capacità di camminare, parlare e respirare.
Ad oggi non esiste una cura per la SLA e la maggior parte delle persone affette da questa patologia muore nella maggioranza dei casi per insufficienza respiratoria. Ciò si verifica più comunemente entro 3-5 anni dall’insorgenza dei sintomi.
Anche la stessa causa della SLA rimane poco chiara, ma i ricercatori hanno identificato le mutazioni nel gene SOD1 come le principali responsabili.
Trimeri, fibrille e neuroni
Come spiegano Zhu e colleghi, ci sono due tipi di aggregati fibrosi formati dalle proteine SOD1: piccoli aggregati, composti solo da poche proteine SOD1; e aggregati più grandi, o fibrille, che comprendono diverse proteine SOD1.
In uno studio precedente, il team aveva scoperto che gli aggregati fibrosi composti da sole tre proteine SOD1 – denominati “trimeri” – possono distruggere le cellule simili ai motoneuroni.
Inoltre, il team ha osservato che i farmaci sviluppati per eliminare gli aggregati fibrosi più grandi dai motoneuroni non hanno mostrato alcun successo negli studi clinici.
Ciò ha sollevato un dubbio: gli aggregati fibrosi più grandi sono davvero una causa di morte neuronale? Per scoprirlo, Zhu e colleghi si sono proposti di confrontare gli effetti dei trimeri e delle fibrille più grandi sui neuroni.
“Una sfida“, osserva Zhu, “è che le strutture più piccole come i trimeri tendono ad esistere solo transitoriamente durante la formazione di strutture più grandi“.
“Al termine degli studi siamo stati in grado di trovare una mutazione SOD1“, aggiunge lo studioso, “che stabilizza la struttura del trimero e un’altra mutazione che promuove la creazione delle fibrille più grandi a scapito delle strutture più piccole“. “Quindi, siamo stati in grado di separare gli effetti di queste due specie della proteina.”
I ricercatori hanno scoperto che quando la SOD1 mutante produce proteine formate da fibrille più grandi, i neuroni sono protetti e non degenerano. La formazione di fibrille nel cervello potrebbe costituire un potenziale trattamento per la cura della SLA e di tutte le malattie neurodegenerative tra cui il morbo di Parkinson e il morbo di Alzheimer.