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Alzheimer una questione femminile, perché? Studio condotto da un gruppo di ricercatrici del Cnr-Ibbc dove si mette in risalto il ruolo degli estrogeni
L’Alzheimer una questione femminile e una ricerca scientifica ne spiega il motivo; uno studio infatti mette in luce che gli estrogeni, sin dalla prima fase dello sviluppo, potrebbero favorirne l’insorgenza. Da considerare inoltre che la riduzione degli stessi ormoni, associata alla menopausa, è un fattore di rischio.
La malattia, patologia neurodegenerativa che distrugge le cellule del cervello, è inoltre la più diffusa tra le forme di demenza.
A ciò va aggiunto che, a causa dell’invecchiamento della popolazione, il numero delle persone che ne soffrono tenderà ad aumentare.
A essere più colpite da questa forma di demenza sono dunque le donne; questo è dovuto all’ingresso in menopausa e al conseguente calo degli estrogeni.
Un evento che determina cioè la maggiore vulnerabilità femminile alla malattia, poiché questi ormoni svolgono una funzione protettiva contro la morte cellulare.
Perchè l’Alzheimer colpisce maggiormente le donne? Un tema che si è posto il team formato Giulia Torromino dell’Istituto di biochimica e biologia cellulare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibbc)
Team a sua volta coordinato da Elvira De Leonibus del Cnr-Ibbc e del Telethon Institute of Genetics and Medicine della Fondazione Telethon; grazie anche al contributo di Adriana Maggi dell’Università di Milano, pubblicato sulla rivista Progress in Neurobiology.
Elvira De Leonibus inoltre precisa:
Se si chiede a delle persone di imparare a orientarsi in una città nuova per spostarsi da casa al lavoro, la maggior parte dei maschi tende a costruire una visione dall’alto della città, organizzata in una mappa spaziale; le femmine tendono invece a utilizzare una strategia “route-finding” (ovvero, destra-sinistra, dritto, etc.).
L’utilizzo di queste due diverse strategie si basa sull’attivazione di circuiti cerebrali diversi.
Da un lato la creazione di una mappa richiede necessariamente il coinvolgimento dell’ippocampo; per il “route-finding” si possono usare invece altre regioni cerebrali, ad esempio il circuito fronto-striatale.
Questi risultati rafforzano ulteriormente l’importanza degli studi che mirano a identificare le differenze di genere; e a verificare altresì se queste si associano a un profilo a più alto rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer.