Cancro al seno: un vaccino sperimentale per combatterlo

Cancro al seno: un vaccino sperimentale per combatterlo

 

Cancro al seno: qualche dato

Il cancro al seno è la forma tumorale più diffusa al mondo. E’ il tumore più comunemente diagnosticato nelle donne, rappresentando più di 1 su 10 nuove diagnosi di cancro ogni anno. A livello globale è la seconda causa più comune di morte per cancro tra le donne. Tra i fattori di rischio per il cancro al seno sicuramente vi è il sesso femminile, insieme ad età, storia personale e familiare di tumore al seno, terapie ormonali e fattori di rischio di tipo riproduttivo.

Per quanto riguarda la sintomatologia, si tratta di un tumore che tende ad evolversi silenziosamente. La maggior parte delle pazienti infatti scopre la malattia durante lo screening di routine. In alcuni casi possono presentarsi segni come un nodulo al seno, un cambiamento della forma o delle dimensioni del seno o presenza di secrezione dal capezzolo.

Per la diagnosi di cancro al seno risultano utili l’esame fisico, l’imaging, in particolare la mammografia, e la biopsia tissutale. Il tasso di sopravvivenza migliora con la diagnosi precoce. Il tumore tende a diffondersi linfaticamente ed ematologicamente, portando a metastasi a distanza e prognosi infausta. Questo dato sottolinea l’importanza dei programmi di screening.

Il trattamento del cancro al seno è volto a ridurre il rischio di recidiva locale e di diffusione metastatica. La chirurgia, con o senza radioterapia, permette di controllare la malattia localmente. Quando è presente il rischio di recidiva metastatica, bisogna considerare una terapia ormonale, la chemioterapia, una terapia mirata o qualsiasi combinazione di queste. Nella malattia che si presenta localmente avanzata, la terapia sistemica costituisce una terapia palliativa.

Un vaccino sperimentale contro il Tumore  al seno

Una nuova ricerca condotta presso l’Università di Washington ha dimostrato che un vaccino sperimentale riesce a generare una forte risposta immunitaria verso ERBB2, una proteina chiave per questa patologia.

Per questo studio clinico di fase 1 a braccio singolo, pubblicato sulla rivista JAMA Oncology, sono state seguite 66 persone di età compresa tra 34 e 77 anni con carcinoma mammario positivo per ERBB2 in stadio avanzato. I ricercatori hanno analizzato i dati due volte: da gennaio 2012 a marzo 2013 e da luglio 2021 ad agosto 2022.

I partecipanti hanno ricevuto dosi da 10 ug, 100 ug o 500 ug di vaccino a DNA plasmidico ogni mese per tre mesi. Nell’ambito della sperimentazione clinica, i ricercatori hanno misurato l’immunità nel sangue e la tossicità del vaccino. Hanno inoltre valutato la persistenza del DNA del vaccino tramite campioni bioptici prelevati dal sito dell’iniezione a 16 e 36 settimane. Le dosi di vaccino più elevate (100 μg e 500 μg) hanno determinato una risposta immunitaria più forte, senza grosse differenze tra le dosi di 100 μg e 500 μg. Il team di ricerca ha anche scoperto che la persistenza del DNA nel sito di iniezione era maggiore con la dose di vaccino più alta e che era associata a un declino più rapido dell’immunità.

Tumore al seono prevenzione e trattamento

Tenendo conto degli attuali trattamenti, il principale problema è la recidiva della malattia dopo un trattamento ottimale, così come sottolinea la dottoressa Disis, principale autore dello studio. La malattia tende a ripresentarsi perché una piccola quantità di cancro non è stata rilevata. Il vantaggio di utilizzare i vaccini è che questi stimoleranno le cellule T programmate per intercettare le ultime cellule rimaste nel corpo ed eliminarle.

Chiaramente sarebbe ideale prevenire tutti i tumori prima che si renda necessario il trattamento. Esiste già, ad esempio, il vaccino contro l’epatite B, che aiuta contro il carcinoma epatocellulare. Esiste anche il vaccino contro il virus HPV, utile contro il cancro del collo dell’utero.

Come affermato sempre dalla dottoressa Disis, gli studi clinici sui vaccini contro il cancro al seno somministrati da soli o con altri trattamenti sono aumentati di circa il 25% negli ultimi anni. Ci sono molti gruppi che lavorano su vaccini di “nuova generazione” con tecniche di somministrazione e coadiuvanti molto efficaci. Inoltre, esistono programmi anche per tumori diversi da quello della mammella.

Ovviamente siamo lontani dal poter affermare che in generale i vaccini contro i tumori possono sostituire gli attuali trattamenti. Servono ancora ulteriori studi e dati sempre maggiori per confermare un utilizzo sicuro ed efficace del vaccino in studio.

 

Fonte: Medicalnewstoday

 

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Autore dell'articolo: Eliana Pellegrino

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