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Le monoposto di Formula 1 di quest’anno avevano già alcuni componenti congelati. Con questo termine si indicano quelle parti della monoposto che non possono essere modificati: insomma, i team non potranno portare evoluzioni nel corso della stagione. In Austria, primo appuntamento del 2020 avevano già congelato telaio, motore, cambio e impianto di raffreddamento. Ma, proprio il 15 settembre, la FIA ha dato un’altra stretta al regolamento. Saranno di fatto congelati anche i musi, le sospensioni e i freni. Ma andiamo a vedere nel dettaglio, dove hanno agito con il nuovo regolamento.
Congelati musi, sospensioni e freni in F1
In particolare, il regolamento va ad aggiungere tra i componenti congelati la struttura deformabile anteriore, cioè il muso, le parti interne alla scocca delle sospensioni anteriori e posteriori e l’impianto frenante con dischi, pinze e campana. Tra i componenti congelati troviamo anche l’impianto elettrico, il comando del DRS, la tavola del pattino sotto al fondo e l’equipaggiamento per il pit stop.
Questa serie di divieti di sviluppo sono stati portati dalla FIA per aiutare i team a ridurre le spese per venire incontro alle difficoltà economiche legate alla pandemia da Covid-19. Le parti che quest’anno saranno congelate, possono essere sviluppate solo usando i token. Ogni team ne ha due a disposizione. I componenti resteranno congelati anche nel 2021. Le squadre possono apportare delle modifiche solo spendendo i sopracitati token a disposizione. Dopo questi, però, si congela nuovamente lo sviluppo della monoposto.
Dunque, le squadre che hanno sbagliato il progetto della monoposto o che hanno commesso degli errori, hanno poche possibilità di rimediare. L’unica soluzione consiste nello spendere i token quando si è sicuri dei componenti che si vuole portare sulla monoposto. Ovviamente, il riferimento è in particolare alla Ferrari che dovrà cercare di recuperare il gap da Mercedes e RedBull, ma anche di riportare costantemente le auto in zona punti, cosa non facile quest’anno.
Fonte immagine copertina: Pixabay