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Cubo di Rubik si autorisolve: ecco come. Un’evoluzione digitale di uno dei rompicapo più diffuso per diverse generazioni
Il cubo di Rubik si autorisolve, e chi lo avrebbe mai detto? E invece l’evoluzione tecnologica ha permesso anche questo.
Il progetto è stato presentato al Maker Faire Rome 2019 da studente della classe quarta BM e cinque della classe quinta AM del Marconi di Jesi.
Supportati dal professor Angelo Bracaccini, in giovani hanno infatti portato il cubo di Rubik in fiera e spiegato il meccanismo
Si tratta quindi della presennza di 6 motori contenuti al suo interno un microcontrollore, dei driver e una batteria.
Il cubo in pratica usa di un software per essere risolto e dopo aver calcolato la sequenza necessaria, aziona i motori facendo ruotare le facce.
Gli studenti hanno inoltre spiegato (Ansa):
Alcuni di noi avevano la passione e la competenza nel risolvere manualmente il cubo di Rubik in poco tempo.
Da qui è nata l’idea di realizzare un cubo che si autorisolve utilizzando motori interni e non esterni come già altri maker hanno realizzato.
C?è da dire che l’istituto jesino è una delle 50 scuole italiane (e 5 europee) invitate al Maker Faire 2019; il progetto infatti è stato selezionato tra altri 200 in concorso.
Ma cos’è questo cubo?
In sostanza è un twisty puzzle 3D inventato dal professore di architettura e scultore ungherese Ernő Rubik nel 1974.
Su un classico cubo di Rubik, ognuna delle sei facce è ricoperta da nove adesivi, ognuno dei quali presenta un particolare colore: bianco, giallo, rosso, verde, blu e arancione.
Lo scopo del gioco è di risalire alla posizione originale dei cubetti portando il cubo ad avere per ogni faccia un colore uguale.
L’originale cubo di Rubik (3×3×3) è composto da otto angoli e dodici spigoli; esistono quindi 8! (40.320) modi diversi di disporre i diversi pezzi angolari nel cubo.