Una nuova ricerca spiega perché i farmaci utilizzati per curare la depressione non funzionano su tutti i soggetti affetti dalla patologia.
Depressione: i farmaci non sempre funzionano
Secondo stime recenti la circa 300 milioni di persone in tutto il mondo sono affette da depressione: una malattia che colpisce il sistema psichico e neurologico con conseguenze importanti per i soggetti malati, per i loro partner e per le loro famiglie.
Questo terribile male, che colpisce sempre più adolescenti e giovani, costringe a rivoluzionare tutta la propria vita in quanto si perde interesse per ogni cosa, compresa la sfera affettiva e sessuale. Il rendimento lavorativo o scolastico cala drasticamente e le relazioni sociali si deteriorano.
Si entra in un tunnel buio la cui fine, talvolta, purtroppo, è il suicidio.
Oltre il 60% degli individui statunitensi che soffrono di depressione hanno avuto gravi problemi di salute correlati ad essa e ben il 30% ha dichiarato di non trovare alcun giovamento nei trattamenti attualmente esistenti.
I farmaci fino ad oggi utilizzati nel trattamento della patologia depressiva sono gli Inibitori Selettivi della Ricapitazione della Serotonina (SSRI) deputati ad aumentare i livelli di Serotonina, l’ormone “della felicità”.
Ma in molti pazienti non funzionano, o non funzionano del tutto.
Un nuovo studio spiega perché.
Depressione: scoperti 3 nuovi sottotipi
Un team di ricercatori giapponesi ha esaminato i dati clinici di 134 soggetti, metà dei quali i medici avevano ricevuto una diagnosi ufficiale di depressione.
Gli scienziati hanno raccolto informazioni sulle storie di vita dei partecipanti, sulla quantità e qualità del sonno e su altre potenziali cause di stress nelle loro vite. Hanno inoltre utilizzato scanner specifici per studiare l’attività cerebrale degli individui, tenendo sotto controllo 78 regioni cerebrali ed esaminando le connessioni tra queste aree.
Dall’osservazione dell’attività cerebrale è emersa l’esistenza di 3 nuovi sottotipi di depressione che non rispondono ai classici farmaci SSRI. Questi 3 sottotipi sono tutti caratterizzati da elevata connettività tra le aree del cervello e presenza di trauma infantile.
Gli altri sottotipi di depressione, già conosciuti e che rispondono bene ai farmaci, sono risultati essere tutti privi di queste caratteristiche.
Questo studio è un primo passo per individuare se il trattamento farmacologico sarà utile o no al paziente in base al suo sottotipo di malattia e vuole spianare la strada verso la ricerca di nuove forme di terapia.