Ecommerce annienta il dettaglio, il report di Confesercenti. Con la pandemia e il lockdown, l’ascesa degli acquisti online sta creando seri problemi alla vendita diretta
E’ una delle conseguenze negative dell’emergenza sanitaria: l’ecommerce annienta il dettaglio; sarebbero infatti circa 70mila le attività commerciali che, senza una decisa inversione di tendenza, potrebbero cessare definitivamente nel 2021.
Questa dunque la triste analisi di Confesercenti relativa al primo bimestre del 2021 con una riduzione delle vendite del 3,8 e del 10,7%, mentre quelle online sono aumentate del 37,2%.
Un’emergenza nell’emergenza dunque che Confesercenti precisa così:
A rischio sono soprattutto le 35mila attività collocate dentro i centri e gallerie commerciali.
L’obbligo di chiusura nel fine settimana, che rappresenta il 40% delle vendite di queste attività, è un cataclisma sul comparto.
Un divieto che ignora gli alti standard di sicurezza, dall’areazione al controllo degli ingressi, disposti da centri e gallerie e che genera una perdita di almeno 1,5 miliardi di euro per ogni weekend; in buona parte quindi a vantaggio del canale di distribuzione online.
Le vendite online annientano il dettaglio anche a causa di un periodo di crisi che tenga ad allungarsi
In realtà la ripresa è vicina dato che, dal prossimo 26 aprile, saranno ripristinate le zone gialle con la possibilità di riapertura per bar e ristoranti.
Quindi timidi segnali di ripresa ci sono anche se Confcommercio ci va cauto. L’ICC (Indicatore dei Consumi Confcommercio) infatti segnala a marzo il ritorno in territorio positivo con una crescita del 20,6% nel confronto annuo.
Un confronto che, comunque, appare largamente insufficiente a compensare le perdite dei consumi patite un anno fa. In altre parole, il livello della spesa reale a marzo 2021 è ancora inferiore a quello di marzo 2019 del 19%.
L’apparente recupero ha, inoltre, interessato quasi esclusivamente i beni; mentre per i servizi la situazione si configura sostanzialmente come il raggiungimento di una soglia minima oltre la quale è praticamente impossibile scendere.
L’illusione ottica della ripresa dunque deriva esclusivamente dal confronto con un periodo del 2020 nel quale erano state sostanzialmente inibite quasi tutte le attività; determinando cioè un calo rispetto a marzo 2019 del 32,9%.
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