Parkinson

Parkinson: l’utilità dell’esercizio nella gestione dei sintomi

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Il morbo di Parkinson è una condizione neurodegenerativa che colpisce milioni di persone in tutto il mondo. Sebbene non esista ancora una cura per la malattia, gli esperti ritengono che gli interventi terapeutici e i cambiamenti allo stile di vita possano aiutare a gestirla. Uno di questi cambiamenti è l’esercizio fisico, che potrebbe avere un impatto positivo sulla qualità della vita dei pazienti di Parkinson.


La malattia di Parkinson combatterla con l’esercizio fisico

La malattia di Parkinson è la seconda malattia neurodegenerativa più comune dopo la malattia di Alzheimer. La causa alla base della condizione è sconosciuta, ma si ipotizza che possa esserci una combinazione di fattori genetici e ambientali.

I sintomi più comuni comprendono tremori, movimenti lenti, rigidità degli arti, problemi di deambulazione e di equilibrio.

Il cervello dei soggetti affetti dalla malattia spesso mostra una perdita di neuroni dopaminergici – cellule cerebrali che sintetizzano la dopamina – in un’area del cervello nota come substantia nigra.

Attualmente non esiste una cura per il Parkinson, ma ci sono farmaci e interventi chirurgici per gestire la malattia. Gli esperti ritengono inoltre che le modifiche allo stile di vita possano aiutare.

Gli studi su Parkinson ed esercizio fisico

Una revisione sistematica e una rete di meta-analisi sui benefici legati all’esercizio fisico nei pazienti affetti da Parkinson sono state recentemente pubblicate nel Cochrane Database of Systematic Reviews.

Il Parkinson’s Outcomes Project è uno studio clinico su oltre 13.000 persone con malattia di Parkinson provenienti da cinque paesi, lanciato nel 2009. In questo lavoro è stato rilevato che fare almeno 2,5 ore di esercizio a settimana può rallentare il declino della qualità della vita di un individuo a causa della malattia.

Gli studi valutati come parte dell’analisi hanno esaminato i benefici dei programmi di esercizio ed i ricercatori li hanno suddivisi in 10 categorie più ampie, che sono:

  • danza
  • esercizio in acqua
  • andatura/equilibrio/esercizio funzionale
  • formazione multidisciplinare
  • allenamento mente-corpo
  • allenamento di resistenza
  • allenamento alla flessibilità
  • allenamento di forza/resistenza
  • gioco
  • LSVT BIG — un programma di fisioterapia che allena le persone affette dal morbo di Parkinson a usare il proprio corpo con più facilità.

I ricercatori hanno esaminato l’impatto di questi diversi tipi di esercizio sia sui segni motori che sulla qualità della vita. Hanno anche studiato gli effetti avversi riportati.

Il lavoro di ricerca

I ricercatori hanno incluso 156 studi con un totale di 7.939 partecipanti che, per la maggior parte, avevano un Parkinson da lieve a moderato senza alcun danno cognitivo maggiore.

Il numero medio di partecipanti alle prove era 51. Gli studi inclusi sono stati condotti in diversi paesi in tutto il mondo e il paese con il maggior numero di casi inclusi sono stati gli Stati Uniti.

Gli studi selezionati hanno esaminato l’impatto dell’esercizio fino a 6 settimane dopo l’intervento. L’età media dei partecipanti era compresa tra 60 e 74 anni. Tre studi includevano solo uomini e il resto includeva sia uomini che donne. Nei restanti studi, la percentuale di uomini variava tra il 31% e il 90%.

I ricercatori hanno ipotizzato che molti degli studi abbiano avuto più partecipanti di sesso maschile, perché il rischio di sviluppare il Parkinson è più alto negli uomini.

Le conclusioni

Il team di ricerca ha valutato gli effetti dei diversi tipi di esercizio sulla gravità dei segni motori, ma anche l’impatto sulla qualità della vita nei soggetti affetti da Parkinson.

Ciò che è venuto fuori è che molti tipi di esercizio sono utili per migliorare movimento e qualità della vita delle persone.

Inoltre, i ricercatori hanno notato di aver trovato poche prove a sostegno dell’idea che un tipo di esercizio possa essere migliore di un altro per la gestione dei sintomi.

Fonte: Parkinson’s: Most forms of exercise equally helpful in managing symptoms

 

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Autore dell'articolo: Eliana Pellegrino