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Il gaming, un lavoro più che un passatempo da qualche anno a questa parte. Stando ai dati di Growth Capital, il settore frutta quasi 200 miliardi di ricavi all’anno. In tutto il mondo è possibile contare oltre 2 miliardi e mezzo di videogiocatori. Insomma, i videogiochi hanno superato i film e la musica. Anche in Italia i numeri sono esorbitanti: l’anno scorso il volume d’affari è stato di 2 miliardi e 243 milioni di euro, il 2,9% rispetto a prima. Nell’ultimo biennio i gamer sono aumentati del 50% e quasi 1600 giovani hanno trovato lavoro tra i meandri del settore, che necessita continuamente di profili specializzati in campo tecnologico e artistico.
Intorno al boom dei gamer ruotano infatti molteplici figure. Software engineer, game designer, programmatori che fino a una manciata di mesi fa non si sarebbero mai aspettati di poter trasformare la loro passione giovanile in una vera e propria professione remunerativa. Anche nello Stivale, ormai, vengono organizzati corsi di formazione per gli esponenti del videogame, che vanno incontro persino a chi non ha ancora maturato una certa esperienza in questo ambito o non possiede specifiche competenze informatiche, come quelle relative ai linguaggi di programmazione. Oggi alcuni videogiochi importanti vengono realizzati anche con il contributo degli studi italiani e l’impressione è che in futuro il contributo del nostro Paese al movimento globale sarà sempre più importante. Non ci resta che aspettare.
Non si tratta dunque di un fenomeno mediatico, né di una moda passeggera: sia nel 2020 sia nel 2021 il totale dai gamer italiani superava infatti quota 15 milioni. L’ultima rilevazione, nella fattispecie, parla di 15,5 milioni di amanti del controller. Anche l’età media dei giocatori è cambiata sensibilmente rispetto agli anni ’80 e ’90, quando i videogiochi erano ancora agli albori: chi si approccia più spesso alle console ha tra i 15 e i 24 anni, ma anche tra gli adulti con età compresa tra i 45 e 64 anni si conta qualche milione di gamer. Nel complesso, poco più della metà dell’utenza è composta da uomini.
Va da sé che l’enorme diffusione dei dispositivi portatili ha accelerato notevolmente la crescita di questi dati. 9 milioni di gamer italiani giocano infatti su smartphone e tablet, mentre il resto si divide tra computer e console, anche portatili. Il videogioco propriamente detto, però, è quello che viene eseguito sui sistemi più efficienti: probabilmente è anche per questo motivo che negli ultimi mesi si è registrata una flessione dell’utenza sui device, attirata dalle macchine di ultimissima generazione come la PlayStation 5. Come se non bastasse, le software house non si limitano più a sfornare platform, sparatutto o simulazioni sportive, ma è possibile imbattersi anche in videogiochi che sensibilizzano su tematiche sociali come l’attenzione per l’ambiente. Insomma, quello dei videogame è come un universo parallelo.
C’è da fare comunque una netta distinzione tra videogiochi e giochi virtuali. In un’epoca in cui quasi tutte le app sembrano dedite all’intrattenimento, in molti trovano il loro divertimento anche nelle semplici riproposizioni digitali di giochi classici, come quelli di carte. I gamer puri e crudi appartengono a ben altra categoria e non vanno confusi con i giocatori di un casinò online con croupier dal vivo. Volendo conteggiare anche chi si divide tra vecchi giochi in scatola e attività legate al tavolo verde, appare evidente come il settore dell’intrattenimento possa risultare molto più variegato di quanto si potrebbe pensare e come i soli videogiochi riescano a fornirvi periodicamente nuova linfa.