MILANO – Giovanissimi che trascorrono ore sui social anche prima dei 13 anni, età minima per iscriversi a Instagram e TikTok. In agguato diverse insidie, fra cui la depressione e l’ansia da immagine e mancata accettazione del proprio aspetto. E’ il quadro disegnato da uno studio pilota condotto nell’ambito del progetto ‘SatisFace’, avviato dal Cussb (Centro universitario di Statistica per le scienze biomediche) dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano (UniSr), con la collaborazione di ricercatori di vari ambiti della Facoltà di Psicologia – dalla psicometria, alla psicologia del comportamento, alla comunicazione – avvalendosi anche del supporto di colleghi dell’Università Sigmund Freud. Obiettivo: “Studiare problematiche e potenzialità legate alla gestione dell’immagine di sé digitale, con un’attività di ricerca innovativa concentrata sul viso, protagonista delle interazioni virtuali, ma finora raramente preso in considerazione dalla letteratura”, spiegano dall’ateneo.
L’affermarsi della rivoluzione digitale – osservano da UniSr illustrando il razionale del progetto – sta provocando profonde trasformazioni nel rapporto che gli individui in generale, e i giovani in particolare, intrattengono con la propria immagine. L’immagine digitale consente, con un semplice smartphone, di produrre, memorizzare, modificare e condividere, a costi irrisori, migliaia di immagini, nella maggior parte dei casi costituiti da ritratti e autoritratti (selfie). Ogni minuto milioni di visi sono fissati in fotografie digitali, soggette a un makeover virtuale praticato dagli utenti o incorporato negli stessi dispositivi fotografici. Un ritocco che riguarda da una parte la preparazione reale del viso (dal make-up, al botox, fino alla chirurgia estetica), dall’altra parte la sua manipolazione virtuale (dai filtri, agli algoritmi di editing, fino ai software di modifica dell’immagine). Tutti questi passaggi sono strettamente legati tra loro e si influenzano reciprocamente, con effetti amplificati dalla possibilità di condividere la propria immagine tramite i social media, che estendono il confronto dai modelli classici di bellezza proposti da stampa, cinema e tv alla comparazione tra pari.
“Il contesto descritto – avvertono gli esperti – in alcuni casi può produrre disturbi psicologici, se non vere e proprie patologie, ma anche nuove forme poco studiate di relazioni sociali che costituiscono altrettante opportunità offerte dalla rivoluzione digitale”. Indagarle è lo scopo di SatisFace, progetto interdisciplinare che integra le competenze di statistica, psicologia, digital health e psicologia sociale, per misurare e analizzare la percezione dell’immagine del proprio viso e la relazione tra questa e il mondo digitale, ed elaborare una valutazione quali-quantitativa dell’impatto delle tecnologie digitali sull’immagine di sé come possibile predittore di eventuali disagi psicologici – soprattutto in età pre e post adoloscenziale – ma anche nell’ottica di promuovere un benessere digitale, il digital wellbeing.
Su Instagram e TikTok anche prima dei 13 anni, ansia da immagine
I ricercatori hanno sviluppato un questionario online pensato per analizzare l’uso dei social network, il selfie behaviour (comportamento assunto nello scatto del selfie), l’attitudine rispetto all’editing e all’uso dei filtri (frequenza in cui si scattano o si modificano i selfie, tipi di filtri usati per il volto), la consapevolezza delle funzioni predefinite di fotoritocco facciale, la gestione e la percezione dell’immagine digitale, l’appearance anxiety (ansia legata all’aspetto) e la presenza di sintomi internalizzanti. I primi risultati emergono da uno studio pilota condotto su 120 ragazzi dai 12 ai 16 anni.
I social più utilizzati – riporta una nota UniSr – sono WhatsApp (92,5%), TikTok (88,3%), Instagram (76,7%) e YouTube (75%). Il 65,9% dei partecipanti riferisce di trascorrervi fino a 4 ore (il 37,5%, da 2 a 4 ore). Il 57,1% degli intervistati dice di usare i social da 2 a 4 anni. “Considerato che il campione è costituito per il 71,7% da ragazzi/e di 12 e 13 anni, e che i partecipanti di età inferiore a 14 anni riportano per il 61,2% di usare i social da 2 a 4 anni, si evince un early use dei social a fronte dell’età minima di 13 anni per iscriversi a Instagram e Tiktok, non senza ricadute sul tema della sicurezza”, rilevano gli autori dell’indagine.
Se si mette in relazione il dato sul tempo trascorso sui social con il dato sulla media dei follower e con quello sulla media dei like (il 68,3% degli intervistati ha meno di 500 follower e il 53,5% riceve meno di 30 like in media), risulta che gli studenti che hanno partecipato all’indagine principalmente ‘seguono’ (amici/influencer/sportivi), invece di ‘essere seguiti’. Per gli esperti, “il dato sul tempo trascorso sui social è interessante se letto in relazione ai punteggi ottenuti nelle scale relative alla manipolazione fotografica, al controllo dell’immagine nelle foto online/offline, all’ansia da aspetto, alla body-esteem (stima del proprio corpo): in particolare, rispetto ai compagni che passano meno tempo sui social, i ragazzi che affermano di usare i social per più di 4 ore (34,2%) registrano punteggi significativamente più alti nelle scale relative alla manipolazione fotografica e al controllo dell’immagine nelle foto online/offline e nella scala relativa all’ansia da aspetto, e significativamente più bassi in termini di body-esteem”. Da un primo esame, “più tempo sui social equivale a una manipolazione più frequente, a un maggior controllo dell’immagine nelle foto, a più ansia da aspetto e a una peggior percezione della propria immagine corporea”.