A rischio le primizie italiane

A rischio le primizie italiane: s.o.s. di Coldiretti

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A rischio le primizie italiane: s.o.s. di Coldiretti. L’emergenza Coronavirus può seriamente danneggiare la produzione agricola Made in Italy

A rischio le primizie italiane soprattutto a causa del blocco delle frontiere: Coldiretti stima un danno per un quarto del Made in Italy a tavola.

Un sistema produttivo che inoltre che vede l’impiego di 370mila lavoratori regolari che arrivano ogni anno dall’estero.

Primizie italiane a rischio anche per gli effetti disastrosi della chiusura dei confini anche verso l’Europa dell’est da dove vengono la maggioranza dei braccianti agricoli

Il presidente della Coldiretti Ettore Prandini a tal proposito chiede:

Una radicale semplificazione del voucher “agricolo” che possa consentire da parte di studenti e pensionati italiani lo svolgimento dei lavori nelle campagne.

Qui infatti mancano i braccianti stranieri anche per effetto delle misure cautelative adottate da alcuni Paesi europei, dalla Romania alla Polonia fino alla Bulgaria.

I voucher dunque furono introdotti per la prima volta in via sperimentale nel 2008 proprio in agricoltura con la vendemmia per le peculiarità dell’offerta di lavoro nelle campagne.

Nel corso degli anni successivi quello dei campi, è stata l’unico settore rimasto legato all’originaria disciplina “sperimentale” con tutte le iniziali limitazioni.

A rischio il Made in Italy a tavola dunque a causa della mancanza di manodopera stagionale

Una situazione che va comunque risolta per non pregiudicare le forniture di generi alimentari a negozi e supermercati rimasti aperti come previsto dall’ultimo provvedimento del Governo.

Un’emergenza inoltre esplosa in un inverno caldo che ha fatto partire in anticipo la raccolta che continuerà d’estate con la frutta e ad ottobre con la vendemmia.

Questi aspetti rendono così ancora più urgenti interventi di semplificazione

L’emergenza Codiv-19 sta provocando infatti le disdette degli impegni di lavoro da parte di decine di migliaia di lavoratori stranieri.

Sono molti i “distretti agricoli” del nord dove  infatti i lavoratori immigrati rappresentano una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale.

Esempio sono:

  • la raccolta delle fragole e asparagi nel Veronese,
  • preparazione delle barbatelle in Friuli,
  • le mele in Trentino,
  • frutta in Emilia Romagna,
  • dell’uva, delle mele, delle pere e dei kiwi in Piemonte,
  • dei pomodori, dei broccoli, cavoli e finocchi in Puglia,
  • gli allevamenti da latte e ai caseifici della Lombardia.

Quali infine le comunità più presenti sul territorio italiano per la raccolta agricola?

Secondo le elaborazioni Coldiretti che ha collaborato al Dossier statistico Immigrazione 2019

la comunità di lavoratori agricoli più presente in Italia è quella rumena con 10.7591 occupati; davanti ci sono invece marocchini con 35.013 e indiani con 34.043.

A seguire:

  • albanesi (32.264),
  • senegalesi (14.165),
  • polacchi (13.134),
  • tunisini (13.106),
  • bulgari (11.261),
  • macedoni (10.428),
  • pakistani (10.272).

 

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Foto di Franck Barske da Pixabay

 

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Autore dell'articolo: Francesca DI Giuseppe

Francesca Di Giuseppe, nata a Pescara il 27 ottobre 1979, giornalista e titolare del blog Postcalcium.it. Il mio diario online dove racconto e parlo a mio della mia passione primaria: il calcio Laureata in Scienze Politiche presso l’Università degli Studi di Teramo con una tesi dedicata al calcio femminile. Parlare di calcio è il mezzo che ho per assecondare un’altra passione: la scrittura che mi porta ad avere collaborazioni con diverse testate giornalistiche regionali e nazionali.