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Iscrizioni alle università italiane, c’è ancora il gap con l’Europa. Il numero degli iscritti sono è in crescita ma le differenze con gli atenei delle capitali europee si sente
Servirebbero infatti 7mila immatricolati in più ogni anno per essere in linea con la media europea nonostante le iscrizioni alle università italiane sono in aumento.
Il sistema universitario nazionale, che nel complesso è riuscito a contenere l’onda d’urto della pandemia, deve però essere aiutato rimuovendo criticità interne ed esterne.
È quanto emerge dal 3° rapporto Agi-Censis, elaborato nell’ambito del progetto Italia sotto sforzo. Diario della transizione 2020.
Un progetto cioè che mira ad analizzare le difficoltà che l’Italia si porta dietro dal passato; i nervi scoperti che hanno comportato l’impreparazione ad affrontare al meglio l’emergenza legata all’epidemia del Covid-19, per guardare in modo costruttivo al futuro.
Immatricolati italiani: nel rapporto si parla dunque di un incremento del +3,2% rispetto all’anno precedente
Nello scorso anno accademico dunque la condizione di matricola universitaria ha accomunato il 51,8% dei giovani italiani in età corrispondente; a fronte di una media Ue 28 del 58,7%.
Per l’Italia eguagliare la media europea entro il 2025 significherebbe poter contare su un incremento medio annuo di immatricolati del 2,2%.
Una percentuale cioè equivalente in valore assoluto a circa 7mila studenti in più, o del 2,6% qualora l’obiettivo fosse di raggiungere la quota di immatricolati della Francia (+8.500 persone per anno).
Tradotta in termini monetari, tale crescita è stimabile in un volume di spesa aggiuntiva, nel primo caso, di oltre 49 milioni di euro ogni anno e, nel secondo, di 59 milioni.
C’è da dire però che l’Italia parte da una posizione di svantaggio: l’Italia è penultima in Europa per numero di giovani con un titolo di studio terziario.
Questa è una è conseguenza anche della ridotta disponibilità di corsi terziari di ciclo breve e professionalizzanti, universitari e non universitari, che all’estero sono più diffusi che in Italia.
Occorre dunque organizzare un sistema di offerta di istruzione terziaria più ampio e articolato.
Il tasso di passaggio dalla scuola secondaria di secondo grado all’università infatti nell’anno accademico 2018-2019 è stato pari al 50,4%; la rimanente quota che non si è immatricolata all’università (49,6%) ha cercato in maggioranza un lavoro.