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Pizza, pasta e pesto: il cibo italiano più amato in U.K e U.S.A

 

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Pizza, pasta e pesto. Sono i tre cibi e piatti simbolo del “ Made in Italy“. Tre eccellenze gastronomiche che nel corso degli anni hanno conquistato i palati di tutto il mondo. Il nostro paese è ricco di bellezze culturali e vanta un tradizione culinaria secolare. L’Italia è la nazione più amata dagli stranieri ma anche all’estero i piatti più amati sono quelli italiani.  Il segreto del successo in terra straniera è racchiuso nei prodotti di prima di qualità. L’olio e il basilico per la pizza e il pesto e il grano duro per la pasta. Il successo dell‘italian food è stato confermato anche recentemente dall’Universita di Oxford.

I prodotti italiani che hanno conquistato U.K e U.S.A

Sin dai tempi degli antichi romani il cibo italiano veniva servito sull tavole anglosassoni. Poi nel corso dei secoli e la scoperta delle Americhe, anche oltreoceano a tavola si è mangiato italiano. I paesi del nord dell’ europa e americani non vantano un importante tradizione culinaria.  Anche nel medioevo si racconta che i primi locandieri italiani sbarcati in Gran Bretagna servivano pasta, pesto e verdure. Il loro lavoro ha contribuito alla crescita della cucina nord-europea ma anche a quella italiana.  In uno scambio di culture e tradizione storiche e culinarie.  La storia ci dice che i romani sono rimasti in Bretagna per oltre quattrocento anni.  Il loro impero ha fatto si che i prodotti mediterranei “invadessero” le tavole dei popoli nordici.  I cavoli, le rape, gli asparagi, ma anche i bovini e suini venivano serviti in Britannia. 

Gli eventi storici più importanti

L’emigrazione in America ha contribuito al diffondersi della pasta in America. Nel 1960 si diffondono i primi spaghetti in scatola . Con l’ arrivo della televisione e delle pubblicità aumentano le vendite dei prodotti all’estero. I primi italiani che lavoravano in Gran Bretagna e in America erano camerieri e hanno contribuito in maniera decisiva alla nascita del “made in Italy” all’estero.

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Autore dell'articolo: Sergio Cimmino