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Agricoltura e droni: la situazione al 2021 tra novità e questioni aperte
In agricoltura l’impiego dei droni ha trovato sempre più spazio con il passare degli anni, ma nonostante si sia arrivati al 2021 bisogna ancora districarsi tra svariate regolamentazioni europee e nazionali; la normativa è complessa, bisogna rispettare numerosi divieti.
Droni: definizione europea, Codice della Navigazione italiano, tecnologia
Stando alla classificazione europea, i droni (detti anche APR, Aeromobili a Pilotaggio Remoto) sono compresi tra gli “aeromobili senza equipaggio” (UAS, unmanned aircraft system); anche il Codice della Navigazione italiano li considera come aeromobili (art. 743) con la definizione di “mezzi aerei a pilotaggio remoto”.
Come gli appassionati del settore sanno bene, i droni offrono un’ampia flessibilità di impiego, nonché una rapidità e una sempre crescente precisione; con il GPS ed una vasta gamma di sensori, camere multispettrali e termiche offrono diverse rilevazioni.
Impiego dei droni nell’agricoltura al 2021
Nel campo dell’agricoltura l’impiego dei droni ha trovato ampi consensi soprattutto in due modalità operative.
Monitoraggio: osservazione e diagnosi
Come primo e più semplice impiego c’è il monitoraggio, che si concretizza nelle seguenti fasi:
- diagnostica preventiva – valutazione capacità ed anche aree critiche del terreno, con esplorazione delle zone incolte e boschive;
- rilevazione in tempo reale – verifica dello stato di salute della coltura e, quindi, delle malattie;
- programmazione interventi specifici – sulla base delle specifiche necessità si può procedere con interventi mirati che, quindi, evitano sprechi.
Dunque, l’uso agricolo dei droni consente un sensibile risparmio di tempo, lavoro ed usura; inoltre comporta un minore impatto ambientale per il più oculato utilizzo della risorsa idrica e dei prodotti fitosanitari.
Lavoro sul campo: vietata l’irrorazione ( CE e PAN )
La seconda modalità operativa si concretizza con lo svolgimento di lavoro sul campo, come per la lotta biologica ai parassiti delle piante (piralide del mais, ecc.), nonché trattamenti fitosanitari. È utile ricordare che ad oggi l’irrorazione aerea è vietata (art. 13 del D. Lgs. 150/2012 “attuazione direttiva 2009/128/CE“); anche se sussistono circostanziate deroghe rilasciate dalle Regioni o dalle Province autonome. Il Piano di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (PAN), applicato con Decreto Interministeriale 22/01/2014, vieta espressamente l’irrorazione aerea in aree giudicate sensibili quindi, tra le altre, troviamo:
- allevamenti di bestiame, di api, di pesci e molluschi;
- poi terreni con coltivazioni biologiche o biodinamiche.
Se da un lato sussiste il divieto di uso dei droni per i trattamenti fitosanitari (punto A.3.10), dall’altro il Parlamento europeo riconosce le potenzialità della tecnologia intelligente nell’uso di prodotti fitosanitari (risoluzione del 12/02/2019).
Volo a vista e D-Flight
L’Europa impone come limite generale per il volo “a vista” dei droni fino a 25 kg l’altezza massima di 120 metri dal punto più vicino della superficie terrestre. In Italia la piattaforma D-Flight eroga servizi per la gestione del traffico aereo a bassa quota di aeromobili a pilotaggio remoto. Attraverso la collaborazione con ENAC, D-Flight mette a disposizione degli utenti la registrazione dei droni nella banca dati italiana e l’assegnazione del codice univoco di identificazione; inoltre consente il reperimento delle informazioni utili per volare con i droni in sicurezza in conformità alle normative vigenti. Le mappe disponibili su D-Flight illustrano le limitazioni all’altezza ed all’uso dei droni.
Il ricorso al drone può contribuire alla salvaguardia ed alla sopravvivenza di una coltivazione come supporto al lavoro dell’uomo; dunque, la speranza è che in futuro vengano limitati i divieti e, quindi, consentiti impieghi più ampio dei droni.
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