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MILANO – Al via Meat the Change, importante campagna di sensibilizzazione di Slow Food Italia sul tema della carne. Infatti Meat the Change, realizzata con il contributo del Ministero italiano dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, vuole spingere la gente a pensare.
Ecco cosa dice Raffaella Ponzio, referente Slow Food del tema carne:
«Il modello di allevamento industriale globale, non solo quello praticato nel nostro Paese, ci costringe a fare i conti con costi ambientali e sociali insostenibili. Dobbiamo ripensare i nostri consumi per immaginare un futuro migliore. Le scelte dei consumatori sono determinanti per indirizzare la produzione e condizionare il mercato. Tuttavia la soluzione non è cancellare la carne dalla nostra dieta, perché un buon allevamento – buono per l’ambiente e buono con gli animali – è indispensabile per una buona agricoltura e per una carne di qualità».
Al via Meat the Change
La Ponzio aggiunge quanto segue:
«Occorre sostenere chi pratica un allevamento sostenibile, spesso prendendosi cura anche di territori marginali e salvando biodiversità, come i numerosi allevatori che custodiscono razze locali. La campagna si chiama Meat the Change. Un gioco di parole che ci invita a cambiare la carne nella nostra dieta. E allo stesso tempo ci invita ad andare incontro al cambiamento di cui, attraverso scelte di consumo più attente, si può diventare protagonisti».
Secondo l’Osservatorio permanente sul Consumo Carni, il consumo medio annuo in Italia di carne (pollo, suino, bovino, ovino) è pari a 79 chilogrammi pro-capite. Il 45% dei consumatori privilegia la carne proveniente da allevamenti italiani. Il 29% sceglie quelle locali e il 20% quelle con marchio Dop, Igp o con altre certificazioni di origine.
In base ai dati Ismea che riguardano la bilancia agroalimentare del primo semestre 2019, in Italia continuano ad aumentare i consumi di carne fresca, specialmente bovina e avicola. Sono stabili quelli di carne suina e in calo quelle cosiddette minori, ossia ovine e cunicole.
Se si prende solo in considerazione la carne bovina, sempre secondo gli studi Ismea, nel 2018 abbiamo prodotto solamente il 52,7% del nostro fabbisogno, importando il resto. E’ necessaria un’inversione di tendenza.