ROMA – Il salario minimo, che ora vede il Ddl in stallo in Parlamento, era un cavallo di battaglia del Movimento 5 stelle. Di Maio aveva annunciato di procedere all’emanazione della Legge per regolamentarne la disciplina. Che cosa è successo nel frattempo?
Lo stallo del Ddl salario minimo
Il salario minimo è fermo nell’iter della Commissione lavoro del Senato ormai da mesi. Il ddl sull’introduzione del salario minimo è stato, lo si ricorderà bene, motivo di scintille e distanze tra il Movimento 5 Stelle e la Lega. Quest’ultima, infatti, non riconosceva la bontà dell’innovazione che, invece, risponderebbe a criteri di perequazione economica e di riscatto sociale per tanti lavoratori massacrati dalle tasse e con retribuzioni sempre più basse. In Parlamento si temono le ripercussioni della legge sull’imprenditoria e per questo si continua a rimandarne l’approvazione. I sindacati temono che l’introduzione del salario minimo possa vanificare il ruolo dei contratti collettivi. Ciononostante i sindacati autonomi e di base si sono schierati a favore della proposta di Luigi Di Maio. Il PD, invece, ha presentato una sua proposta di legge.
Il salario minimo e la contrattazione collettiva
La legge sul salario minimo potrebbe essere accantonata ed il parametro di riferimento potrebbe essere ricavato dai CCNL rappresentativi. Ad oggi sono pervenute in Parlamento due diverse proposte. Intanto occorre sottolineare che la riforma porterebbe a 9 euro il trattamento economico orario con la conseguenza di garantire 1.000 euro in più al mese a circa 2,9 milioni di lavoratori. I beneficiari sarebbero gli apprendisti e i giovani al di sotto dei 29 anni impegnati nei servizi.
L’articolo 36 Costituzione
L’articolo 36 della Costituzione dispone che il lavoratore debba percepire «una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa».
Il medesimo articolo dispone che la retribuzione debba essere sufficiente a soddisfare i bisogni e le esigenze fondamentali personali e familiari del lavoratore affinché egli possa vivere una vita «libera e dignitosa». Il diritto del lavoratore alla percezione di una “equa” retribuzione è, dunque, un diritto indispensabile.
Concretamente, però, ad oggi, non è previsto un salario minimo stabilito a livello legislativo per tutti i lavoratori
subordinati. L’articolo 2099, comma secondo, del codice civile attribuisce, in via primaria, alla contrattazione collettiva tale compito.
Il salario
Per salario si intende la retribuzione del lavoratore subordinato, in particolare dell’operaio. Di fondamentale importanza è la nozione di salario reale, cioè quello che risulta dal confronto tra il salario precipitò, cioè del cosiddetto salario nominale, e il livello del costo della vita.
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Luigi Di Maio mentre mostra una scheda sulle coperture del reddito di cittadinanza durante la trasmissione televisiva Porta a Porta in onda su Rai Uno, Roma, 23 gennaio 2018. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI