La straordinaria scoperta è stata fatta da alcuni scienziati dell’Università Cattolica di Lovanio, che si trova in Belgio. Dunque, sembrerebbe che sia stato trovato un genoma dell’HIV quasi completo in un campione di tessuto risalente al 1966.
Trovato un genoma dell’HIV quasi completo del 1966: scoperta importantissima per la scienza
Quello scoperto dagli scienziati dell’Università Cattolica di Lovanio, in Belgio, sembra essere il genoma dell’HIV più antico che sia mai stato trovato. Infatti, tale genoma fa riferimento ad un tessuto risalente al 1966. Dunque, 17 anni prima rispetto a quando, per la prima volta, fu scoperto il virus dell’HIV, ovvero nel 1983. I risultati degli studi effettuati dagli scienziati, sono stati pubblicata in una nota rivista, la Proceedings of National Academy of Sciences. Gli esperti, dopo aver analizzato un campione di tessuto, hanno constatato la straordinaria scoperta. Il campione di tessuto, che proveniva dal Congo, era stato prelevato nel 1966.
Le parole della virologa Sophie Gryseels
Sull’argomento è intervenuta Sophie Gryseels. La virologa computazionale che lavora alla KU Leuven, ha confermato che la sequenza genetica scoperta è “molto confortante”. Inoltre, avrebbe anche affermato quanto segue:
“L’HIV, o virus dell’immunodeficienza umana, è il virus che provoca l’Aids, ed è stato ufficialmente scoperto nel 1983. Ritrovamenti come questo, che risale a una data precedente all’individuazione del morbo, possono essere utili a individuare i tempi e le modalità con cui si sono verificate le mutazioni genetiche nel virus, che potrebbero aiutare gli scienziati a capire come sia avvenuta la trasmissione dell’HIV nell’uomo”.
Inoltre, dopo aver puntualizzato quante vittime, purtroppo, ha causato l’AIDS da quando fu scoperta la malattia, avrebbe aggiunto:
“Questa sequenza si adatta bene alla precedente comprensione dei ricercatori sullo sviluppo dell’Hiv. L’ipotesi attualmente più accreditata infatti sostiene che il morbo sia stato trasmesso all’uomo dagli scimpanzè dell’Africa centrale. Verso i primi anni del 1900. I ceppi del virus sono diversi. Ma sappiamo che il 95 per cento dei casi in tutto il mondo dipendono da quello noto come gruppo M dell’Hiv-1″.
Affermando in seguito:
“I modelli matematici non sono ancora completi. Non ci aiutano a capire come sia avvenuta la trasmissione. Soprattutto le motivazioni di un tasso di contagio così elevato da provocare una vera e propria pandemia globale. Parte di questo problema dipende dal fatto che i modelli efficaci che calcolano il tasso di cambiamento virale nel breve periodo diventano obsoleti e meno affidabili nel lungo termine. Per questo motivo scoprire un vecchio ceppo virale è un po’ come trovare il pezzo mancante di un puzzle, aiuta a comprendere i cambiamenti evolutivi del morbo”.
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