Animali radioattivi
Un recente studio, condotto dai ricercatori dell’Università di Bristol, ha evidenziato la presenza di animali radioattivi nelle zone limitrofe alla centrale nucleare di Chernobyl.
La devastante esplosione
Il disastro di Chernobyl, avvenuto nell’allora URSS nella primavera dell’86, fu uno dei più gravi incidenti nucleari mai verificatosi.
Una nuvola di materiale radioattivo ricadde su vaste aree intorno al luogo dell’incidente e le contaminò; si rese quindi necessario istituire una “zona di alienazione“, interdetta alle persone.
Una zona “invivibile” secondo gli scienziati
Gli esperti spiegarono che quest’area, compresa tra l’Ucraina e la Bielorussia, sarebbe stata invivibile per qualsiasi essere vivente, a causa delle fortissimi radiazioni.
Il livello di queste ultime emesse, superiore di 400 volte quelle riscontrate dopo la bomba atomica di Hiroshima, aveva lasciato intendere che l’area sarebbe rimasta disabitata per millenni.
La scoperta: c’è ancora vita in quest’area
33 anni dopo, invece, diverse specie di animali come cani, gatti, volpi, cavalli, bisonti, orsi bruni, uccelli, abitano questa zona; in altre parole, è presente una grande biodiversità.
Una squadra di studiosi europei ha confermato la generale mancanza di grandi effetti negativi delle contaminazioni su questo “mini ecosistema“.
La teoria dei ricercatori
La teoria elaborata dagli scienziati è che questi animali si sono “automodificati” geneticamente, divenendo “radioattivi” e riuscendo così a sopravvivere in un ambiente ostile.
Questa alterazione è la conseguenza di molteplici fattori: in primis gli animali potrebbero essere, di per sè, molto resistenti alle emissioni di radiazioni.
Alcuni organismi si sono adattati per opporsi alle gravi contaminazioni: le rane, ad esempio, sono più scure delle altre e il cambio di colore potrebbe costituire una difesa contro le avversità del territorio.
Alcuni uccelli, invece, presentano livelli più alti di albinismo e alterazioni organiche; gli insetti, invece, sono più colpiti dai parassiti e hanno una vita più breve degli altri.
Probabilmente l’assenza di esseri umani in quest’area potrebbe favorire lo stanziamento di molte specie, in particolare dei grandi mammiferi.
Ulteriori studi scientifici
Gli studiosi dell’Università di Bristol hanno anche realizzato, con l’aiuto di alcuni droni, una mappa dettagliata della radioattività della” zona di alienazione”.
E proprio qui hanno osservato che la radioattività non è uniforme e, in alcuni tratti, è ancora piuttosto elevata.
Hanno inoltre messo in risalto l’esistenza di punti radioattivi non ancora identificati.
“Parte della contaminazione è diminuita e i livelli, in alcuni punti, sono calati in maniera significativa” afferma Tom Scott, capo del progetto scientifico.
“Tuttavia ci sono alcuni radioisotopi ancora presenti e rimarranno in queste zone per molto tempo“continua lo scienziato.
La forza generatrice della natura
Se da una parte, dunque, si conferma una presenza devastante di radiazioni ancora per i prossimi decenni, dall’altro Madre Natura fa il suo corso, rendendo la vita possibile a centinaia di animali.