La storia di una mamma disperata
Una donna disperata, ha scritto una lettera aperta alla redazione del quotidiano sardo, L’Unione Sarda, nella speranza di riuscire a risolvere, una situazione davvero molto triste. Lei infatti ha un figlio portatore di disabilità. Ecco come inizia la sua lettera. “Gentile redazione, sono una disoccupata di sessant’anni, finché ho potuto mi sono attivata con qualche lavoro per poter far fronte alle necessità della mia famiglia. Ora non potendo espletare mansioni lavorative per motivi di salute mi sono dovuta rivolgere al servizio sociale il quale mi ha consigliato di fare la domanda per il REI (Reddito di inclusione) e così ho fatto.
L’odissea della donna
“A dicembre 2017 faccio la domanda al comune di Cagliari e, dopo un po’ di tempo, mi reco all’INPS e mi dicono che mi è stata respinta. Allora la ripresento, e mi viene nuovamente respinta. Mi informo quindi sul perché non venga accettata, e la motivazione è da attribuirsi al fatto che vent’anni fa avevo una piccola ditta di pulizie che nel 1996 ha cessato l’attività, ma che all’INPS risultava ancora attiva. Ho allora presentato le ricevute della chiusura della partita Iva e la cancellazione dall’albo degli artigiani, ma i documenti sono stati considerati ‘vecchi’ e dunque non idonei. Ho dovuto rifare una sorta di ‘cancellazione’ datata 2018 e nel mese di agosto, finalmente, ricevo il primo sussidio, pari a 294 euro. A settembre non mi viene invece dato il secondo sussidio. Intanto ricevo una tassa di iscrizione da parte della Camera di commercio di Cagliari e un’altra da parte dell’Inps di 3.700 euro. Mi sono prontamente attivata affinché mi venissero rimosse”.
Il figlio invalido
Vado nuovamente all’INPS a chiedere come mai a settembre non abbia ricevuto niente. La risposta è stata che mio figlio, invalido al 100%, riceve una pensione di invalidità civile con accompagnamento e quindi non ho diritto al sussidio. Ho fatto anche presente che mio figlio è amministrato da oltre tre anni e da sette mesi è ricoverato in una struttura sanitaria. L’impiegato mi ha risposto che finché mio figlio è nel mio nucleo famigliare io non ho diritto a nessun sussidio da parte dell’Inps. In tutti questi mesi mi sono dovuta disfare di piccoli oggetti preziosi per poter vivere, ora non ho più niente. E da un anno non riesco a pagare l’affitto di casa. Vi sembra giusto tutto questo?”.
Conclusioni
Inanziutto complimenti alla donna che ha avuto il coraggio di manifestare il proprio dissenso, per una situazione che ha dell’assurdo. Purtroppo siamo convinti che di questi ve ne siano tanti altri. È comunque pazzesco che quasi nel 2020, esistano situazioni di questo genere. La politica continua a riempirsi la bocca con la parola “sociale”, che é tanto di moda e forse ammorbidisce gli animi della gente, o meglio degli elettori. Ma poi in concreto cosa si fa?. Si giunge a situazioni come queste, delle quali bisognerebbe vergognarsi. Sarebbe bene che questa lettera venga letta dai politici del “noi storicamente per il sociale…”. A quel punto dovrebbero ora vergognarsi, poi attivarsi immediatamente perché cambino le leggi, e nessuno debba disperarsi o sentirsi penalizzato, perché ha un figlio disabile!.